I tormenti di una Regione. E del suo governatore

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Dice Giancarlo Giorgetti: “Prima di tutto devono fare un’inchiesta sulla Cina. Quando avranno finito, ci chiederemo dove abbiamo sbagliato noi”. Il numero due della Lega, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo gialloverde, a differenza del “numero uno” del Carroccio, quando dichiara lo fa con cognizione di causa. Questa volta prende posizione sull’inchiesta in Regione per la vicenda dei camici regalati (venduti?) a Palazzo Lombardia dal cognato di Attilio Fontana mentre imperversava la bufera del coronavirus. Una storia che sta prendendo, almeno fino a prova contraria, una brutta piega giudiziaria e politica.

Giorgetti, varesino come Fontana, di certo non interviene a caso. Incalza: “Bisogna valutare il momento in cui una situazione è stata vissuta, non può essere giudicata; infatti c’è un codice di guerra e un codice di pace normalmente”. In altre parole, se ci fu conflitto d’interesse va inserito nel particolare, drammatico momento che escluderebbe il dolo. Sufficiente per spegnere l’incendio? Mica tanto, se è vero che s’è dimesso il direttore generale di “Aria”, la centrale regionale degli acquisti: Filippo Bongiovanni è indagato col cognato di Fontana, Andrea Dini, per l’ipotesi di turbativa d’asta. Secondo i magistrati, il manager era al corrente del conflitto d’interessi in cui si trovava l’azienda di Dini. La procura di Milano scava nelle pieghe di procedure giudicate perlomeno anomale nella fornitura dei camici e cerca di provare l’illecito, per ora presunto ma foriero di guai anche politici. Dentro e fuori la maggioranza di centrodestra.

Come scrive Repubblica, le opposizioni sono divise e non riescono a cogliere l’attimo, a partire dai “giochi” attorno alla presidenza della nuova commissione d’inchiesta sulla gestione del Covid-19. Intanto i partiti che sostengono l’esecutivo trovano spunti per accelerare l’annunciato rimpasto di giunta. Senza per ora arrivare a uno sbocco. Nel mirino c’è soprattutto Giulio Gallera, assessore forzista al Welfare che ha gestito l’emergenza per il Covid. Gli esiti sono purtroppo noti a tutti, le responsabilità devono essere accertate. Gallera parla con ragione di uno tsunami che ha travolto il sistema sanitario lombardo, da sempre tra i migliori d’Europa. Eppure impossibilitato ad arginare l’onda d’urto dell’epidemia al suo nascere. Le reazioni alle conseguenze di una diga sanitaria che a un certo punto ha ceduto sono pesanti, con azioni giudiziarie su più livelli. E scontri politici fino al punto che c’è chi chiede addirittura di commissariare la Regione.

Nel frattempo, il governatore Fontana ha annunciato una commissione di saggi per valutare gli aggiustamenti alla riforma della Sanità varata nella legislatura guidata da Roberto Maroni. Un “tagliando”, se così possiamo dire, a una serie di norme che nelle intenzioni avrebbero dovuto migliorare l’offerta di cure e di assistenza e che il Covid hanno reso vulnerabili. Al pari di un esecutivo che si deve guardare dal “fuoco amico”, come accaduto in occasione della sfiducia a Gallera nell’assemblea regionale. Una situazione oggettivamente complessa per lo stesso Fontana, chiamato a gestire epidemie sanitarie e contraccolpi politici, inchieste giudiziarie e colpi bassi da chi invece dovrebbe affiancarlo. Con il sospetto che sia lui il bersaglio di coloro i quali (c’è chi li chiama “poteri forti”), colpendo il governatore, colpiscono la Lombardia. Un assalto contro la regione più importante d’Italia che il coronavirus ha, per paradosso, incentivato.

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