«Ma domani si lavora o no?». Il decreto Conte ancora non c’è. Imprese in attesa

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VARESE – Dopo 15 ore dall’annuncio “a reti unificate” del premier Giuseppe Conte, l’elenco delle attività che da domani, 23 marzo, potranno stare aperte o dovranno chiudere ancora non c’è. Perché il Decreto del presidente del consiglio dei ministri che dovrebbe specificare quali settori vengono ritenuti “essenziali” non è ancora stato firmato. Lasciando così nel dubbio fino all’ultimo molte imprese e lavoratori, che non sanno ancora se domani dovranno tenere aperte le loro attività.

Di nuovo caos

«Ma dove cavolo è il decreto?! – twitta, usando un termine più colorito, l’ex sottosegretario agli interni Stefano Candiani, senatore della Lega, poco dopo mezzogiorno di oggi, 22 marzo – Conte alle 23: chiusure e restrizioni, ma senza uno straccio di decreto in mano. Sono passate 12 ore e del decreto coronavirus nessuna traccia. E ricominciano a girare le solite bozze. Ed è di nuovo caos». La bozza a cui fa riferimento Candiani è l’elenco di attività da ritenersi essenziali: filiere strategiche come quella alimentare e quella farmaceutico/sanitaria o dei trasporti, oltre che dei servizi di pubblica utilità, ma anche quelle che “ruotano” attorno a questi settori. Nelle ultime ore diverse associazioni di categoria stanno premendo per poter essere inserite nell’elenco: dagli agronomi e forestali, «essenziali» per la filiera agroalimentare, ai negozi per animali, per non far mancare il cibo ai migliori amici dell’uomo, mentre Confedilizia chiede che siano autorizzate le riparazioni urgenti nelle abitazioni.

Già in vigore l’ordinanza regionale

L’ordinanza firmata dal governatore della Lombardia Attilio Fontana invece è già in vigore: «La più restrittiva che si potesse emanare nell’ambito delle competenze regionali, l’unica strada per far capire alla gente quanto sia decisivo rimanere a casa, considerato che anche oggi le prime rilevazioni dei dati ci dicono che il numero di contagi è costante». Nell’ordinanza, coordinata nell’ambito del tavolo del Patto per lo Sviluppo a cui partecipano anche le associazioni datoriali e quelle sindacali, si lascia all’autonoma scelta delle imprese la decisione di chiudere o meno le attività non essenziali. Fontana però ha colto positivamente la scelta del premier Conte di andare verso quella stretta più decisa che la Lombardia chiedeva da giorni: «Non ho ancora ricevuto il nuovo decreto, ma sulla base delle dichiarazioni del presidente Conte, penso possa andare bene».

Il caso dei Bed&Breakfast

Nel “combinato disposto” tra ordinanza regionale e decreto nazionale emergono anche problemi concreti, come quello posto da Alfredo Dalferro, di BBVarese, l’associazione dei Bed & Breakfast del territorio, che ha scritto al Prefetto e ai sindaci per capire se i B&B devono “far sloggiare” i clienti di lungo periodo ospitati nelle loro strutture, come prevede l’ordinanza di Regione Lombardia per gli alberghi. «Abbiamo diversi casi tra i nostri soci di ospitalità per lungo periodo di persone che sono qui per lavoro anche per enti statali tipo Enel, Ferrovie ecc. e alcuni casi di persone che accompagnano parenti negli ospedali, che aspettano la consegna della propria nuova abitazione o che attendono la fine della ristrutturazione – fa notare Dalferro nella missiva – queste persone sono ospitate in appartamenti a se stanti che usano temporaneamente come propria abitazione e per questo volevo sapere se possono rimanere o se devono essere messe in condizione di andarsene. Sono come affitti tradizionali ma purtroppo regolati da quell’assurda legge sugli affitti brevi che osteggiamo da tempo. I nostri soci prendono molto seriamente la situazione, ma cercano di risolvere con umanità problemi che non sono loro ma dei loro clienti».

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