Mafia in Lombardia: vittime e storie dimenticate

La voragine sull’autostrada saltata in aria, la Lancia Thema blu di Falcone, simbolo degli anni ’90, con i vetri infranti e il sangue riflesso sui volti di chi é arrivato sul posto per primo. Tutti conosciamo giustamente quelle immagini, quel pezzo di storia chiamato “Capaci” che esattamente trent’anni fa ha cambiato probabilmente le sorti del nostro paese, e che ha rappresentato una brusca frenata nella lotta aperta alla mafia; ma pochi conoscono le storie, strazianti, delle vittime innocenti della mafia in Lombardia. É più facile conoscere la cronaca delle faide di n’drangheta all’ombra della “Madunina”, i nomi dei “boss”, che quelli di chi a quegli stessi criminali si é opposto, a costo della sua vita.

Vorremmo qui ricordare invece chi ha anteposto la Giustizia, la Libertà e il no ai compromessi, a qualunque altra cosa, perché solo ricordando tutti la mafia non avrà vinto.

Il più noto e primo delitto di mafia in Lombardia é stato quello di Enrico Mattei, imprenditore e deputato della Dc, morto in un attentato nel 1962 nel Pavese, per anni é divenuto un “caso”, apparentemente senza soluzione, fino alle rivelazioni del primo pentito di mafia, Buscetta. Emanuele Riboli, studente varesino di 16 anni, sequestrato e ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1974. Figlio di un piccolo imprenditore del Varesotto, Luigi Riboli, sparì da Buguggiate per poi finire ucciso due mesi dopo. I malavitosi pretesero un miliardo di risarcimento che, però, la sua famiglia non aveva.

Solo un anno dopo un altro imprenditore, Tullio De Micheli, di Comerio, titolare di una fonderia a Mornago, fu rapito dagli n’dranghetisti mentre tornava a casa in auto. Seguirono tre telefonate alla famiglia per il riscatto, poi più nulla. Solo anni dopo, l’allora procuratore di Varese Maurizio Grigo riaprì le indagini sulla base delle dichiarazioni di un pentito, ma i suoi resti non sono mai stati ritrovati.

Luisa Fantasia é un nome troppo poco evocato quando si parla di vittime di mafia, a lungo dimenticato. É stata la prima vittima “trasversale” d’Italia. Sposa di un carabiniere, ha seguito il marito dal sud Italia a Milano, é stata seviziata e violentata a Milano nel 1975 dall’ndrangheta, in casa sua e davanti alla figlia di 18 mesi, per vendetta nei confronti di suo marito, in quel periodo coinvolto in un’indagine come infiltrato.

Pierantonio Castelnuovo, fratello del noto attore Nino, é stato trucidato a Lecco nel 1976, anche luvittima di ‘ndrangheta. Augusto Rancilio, figlio di un imprenditore italo-francese, architetto, fu rapito dall’ndrangheta nel 1978 a Milano e ucciso poco dopo perché il padre, in quel momento in difficoltà economica, non poteva pagare il riscatto. Paolo Giorgetti, 16 anni e figlio di imprenditori, fu anche lui rapito e ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1978, mentre stava andando a scuola a Meda, in Brianza. Il suo cadavere fu fatto ritrovare carbonizzato nel bagagliaio di un’auto. Alla famiglia non arrivò neppure una richiesta di riscatto.

Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana e delle attività finanziarie del banchiere Michele Sindona, fu assassinato nel 1979 da un sicario malavitoso americano, su mandato del banchiere Michele Sindona. Gianfranco Trezzi, titolare di una società a gestione familiare nel campo dell’acciaio, fu rapito nel 1988 poco lontano dalla sua azienda a Vimodrone, nel Milanese, da un gruppo di malviventi che voleva 5 miliardi di lire e poi rivendere il sequestrato all’ndrangheta. I sequestratori litigarono, e a farne le spese fu Trezzi, fatto a pezzi e sciolto nell’acido.

Andrea Cortellezzi, di Tradate, nel Varesotto, fu rapito nel 1989 per mano di una banda di piccoli criminali e ceduto per 50 milioni all’ndrangheta. Morì per un’infezione a seguito del taglio dell’orecchio inferto dai rapitori con la richiesta di riscatto. Umberto Mormile, educatore carcerario a Opera, venne ucciso nel 1990 in un agguato della ‘ndrangheta sulla provinciale Binasco-Melegano, mentre andava al lavoro, per essersi rifiutato di stilare una relazione che garantisse un permesso al boss ergastolano Domenico Papalia. Piero Carpita, portinaio, fu freddato nel 1990 a colpi di pistola mentre era al bar, a Bresso, vittima collaterale di un agguato per uccidere Franco Coco Trovato, durante una delle tante faide lombarde di ‘ndrangheta. Insieme a lui morì anche Luigi Recalcati, pensionato. Stava facendo rientro a casa a piedi quando si trovò nel pieno del fuoco di ‘ndrangheta.

Carlo La Catena, Sergio Pasotto, Stefano Picerno, vigili del fuoco, Alessandro Ferrari, vigile urbano e il venditore ambulante Driss Moussafir, furono le vittime della brutale strage di Cosa Nostra di via Palestro a Milano, nel 1993. Pietro Sanua, Presidente Provinciale milanese dell’Associazione Nazionale Venditori Ambulanti (ANVA) e fondatore dell’associazione “Sos impresa” a Milano, é rimasto ucciso in un agguato mafioso nel 1995. Ad oggi restano sconosciuti movente e mandanti.

Ambrogio Mauri, simbolo della lotta alla corruzione di Milano, dopo aver rifiutato di pagare tangenti ai politici milanesi dell’epoca, testimoniò nel processo ‘tangentopoli’. Successivamente la sua azienda non ricevette più commesse e lui si suicidò. Luca Cottarelli é morto a 17 anni, nel 2006, per mano della mafia trapanese, nella sua abitazione in provincia di Brescia. Insieme a lui sono stati uccisi la madre e il padre, implicato in un giro di false fatturazioni. Lea Garofalo, la ‘mamma coraggio’ e vittima innocente di mafia, é stata uccisa dall’ndrangheta in Lombardia. I suoi resti sono stati ritrovati in un bidone a Monza, nel 2009. Denunciò il compagno e padre di sua figlia, ‘ndranghetista, diventando collaboratrice di Giustizia. Fu rapita, seviziata e uccisa. Oggi sua figlia continua la sua battaglia contro la malavita.

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