La tavola rotonda delle mafie a Milano per il Gip non esiste. Motivazioni dal sito di un avvocato

MILANO – Cinque pagine di motivazione per non veder riconosciuta la compagine mafiosa, è quanto scritto nero su bianco dal Gip di Milano Tommaso Perna, con cui ha bocciato la quasi totalità di tre anni di inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano. Il ricorso dei magistrati milanesi però, presentato a Riesame perchè avvalli la richiesta di 153 misure cautelari tra presunti affiliati a camorra, cosa nostra e ‘ndrangheta, di cui solo 11 accolti dal medesimo Gip, contiene una curiosa spiegazione a quelle motivazioni. Sembrerebbe infatti, spiega la Procura, che le pagine con le quali il giudice ha motivato la sua convinzione secondo la quale l’associazione tra mafie in Lombardia non sia “che una mera ipotesi investigativa, non sufficientemente suffragata da elementi di prove raccolti”, derivi in gran parte dal sito dell’avvocato Salvatore Del Giudice, di Napoli.

Le intercettazioni e la violenza

Abbiamo costruito un impero e ci siamo fatti autorizzare tutto da Milano… passando dalla Calabria, da Napoli, ovunque…”, dice intercettato al telefono un uomo vicino alla famiglia Iamonte, a cui in Lombardia cui farebbe riferimento uno degli indagati, Saverio Pintaudi.

“Ma sfasciatelo a mazzate questo carabiniere, ma dategli… Rompetegli quattro cose in testa e andatevene, non ti permettere di chiamare a nessuno, che ti diamo fuoco!”, e ancora, “se tu vai dai carabinieri io ti brucio, a Busto comando io!”. Un esempio della violenza espressa da un indagato, Dario Nicastro, mentre picchia e minaccia il titolare di un locale, perchè se ne voleva appropriare, insieme al fratello.

I summit

Nelle cinquemila e oltre pagine di ordinanza, i magistrati hanno documentato i vari summit tra organizzazioni mafiose, molti dei quali “hanno registrato la presenza i rappresentanti delle tre diverse articolazioni mafiose i quali, ognuno in nome e per conto del gruppo originario di appartenenza, hanno portato avanti le proprie posizioni strategiche”, secondo la Dda “adattandole ed armonizzandole con gli interessi dell’organismo plurisoggettivo del quale fanno parte”.
Emblematica, scrivono i pm “la definizione della controversia AMICO-PACE, nell’ambito della quale ogni articolazione mafiosa ha cercato di raggiungere una soluzione ‘diplomatica‘ nell’interesse della sistema mafioso lombardo, affinché l’equilibrio non ne venisse compromesso.

Il primo summit, registrato nell’arco temporale in cui si è sviluppata l’attività investigativa,
è quello del 03.06.2020. Giancarlo Vestiti, unitamente a Gioacchino Amico, riuniva, in un ristorante di Inveruno (Milano), Raimondo Orlando, Giuseppe Castiglia, Giuseppe Sorce, Eduardo Maria Vestiti, e un referente del clan Mazzei e un referente del gruppo Senese. L’obiettivo, sempre secondo i magistrati era duplice: aprire una società di noleggio autovetture, poi avviata nei mesi successivi tramite estorsioni, e presentare Vincenzo Senese, il quale verrà aggiornato su tutte le attività condotte dall’organizzazione.

“ho detto io le cose sono cambiate… Noi dobbiamo aprire gli occhi e dobbiamo guardare bene quello che stiamo facendo perchè non è che possiamo fare sempre come dici tu “loro di la e noi di qua” sì guardiamoci le cose diversamente da un’altra ottica…per dire questa parola”, dice prima del summit un indagato a Senese. Altri due summit si terranno poi nello stesso ristorante, il 18 e il 25 giugno.

Uno dei primi incontri tra “siciliani” appartenenti al sistema mafioso lombardo, scrivono gli inquirenti, funzionale alla risoluzione della controversia AMICO-PACE, è quello avvenuto tra i “FIDANZATI” ed
Errante Parrino nel pomeriggio del 17.09.2020 ad Abbiategrasso, negli uffici di una società riconducibile a riconducibili a Paolo Aurelio Errante Parrino, detto “Zio Paolo” . Conferma dell’appuntamento viene anche dalle telefonate effettuate alla compagna di Giancarlo Vestiti, sul fatto che tutti i partecipanti
fossero in quel luogo in rappresentanza delle rispettive compagini criminali.

Due altri incontri avverranno sempre ad Abbiategrasso, poi sarà la volta di Dairago, con il fine di pianificare, organizzare ed avviare i nuovi investimenti, in particolare sulla gestione dell’ecobonus 110%, e sull’importazione dal continente Africano di ingenti quantitativi di ferro/acciaio e gasolio.


I collegamenti con Matteo Messina Denaro e quella mafia che “non c’è”

Stando alle indagini dei magistrati milanesi, nel gruppo erano presenti personaggi di raccordo alla figura di Matteo Messina Denaro, contiguità dimostrata anche da incontri avvenuti in Sicilia. I pm indicano per primi i componenti della famiglia Fidanzati, ritenuta una delle famiglie più rappresentative del panorama
mafioso siciliano e lombardo. Capostipite a Milano ne fu Gaetano Fidanzati (morto nel 2013), il quale in Sicilia aveva rapporti con Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. Fu al vertice di Cosa Nostra a Milano e nelle zone a sud – ovest di Milano, dedicandosi prevalentemente al traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio il denaro.

La Dda poi racconta la figura di Errante Parrino, detto “zio Paolo”, castelvetranese di origine, già condannato per associazione mafiosa con sentenza irrevocabile e descritto come “elemento centrale nelle dinamiche cristallizzate dalla presente indagine, come fortemente legato a Matteo Messina Denaro. “L’attività investigativa ha confermato la costanza e stabilità dei rapporti tra Parrino e Messina Denaro“, come ad esempio a seguito della morte del nipote di quest’ultimo, nel 2021, quando “l’indagato si mette a completa diposizione per le operazioni relative alla preparazione della camera ardente e successivo invio della salma del giovane a Castelvetrano”, scrivono i pm. Il 30 novembre 2021, Errante riceve due messaggi whatsapp contenenti le fotografie della carta d’identità e della tessera sanitaria del figlio della sorella di Messina Denaro, Anna Patrizia, già condannata per associazione mafiosa, attualmente detenuta presso la Casa di Reclusione di Vigevano.

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