La Procura di Milano ricostruisce la “federazione mafiosa” in Lombardia. il Gip firma solo 11 misure su 153

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MILANO – La “federazione mafiosa” in Lombardia, con cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta unite come i tentacoli di una gigantesca piovra, per mettere le mani su Milano. Undici le persone arrestate a fronte di 153 richieste di misura cautelare, che secondo il fascicolo di inchiesta della Procura di Milano, firmato dalla pm Alessandra Cerreti, costituirebbero l’ossatura di un accordo tra malavitosi unico in Italia. Il Gip di Milano Tommaso Perna però non ha ritenuto di accogliere il quadro ricostruito dagli inquirenti, le indagini sono del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Milano, accordandone solamente 11 con il sequestro di 200 milioni di euro.

I reati, i nomi e la super mafia

Estorsioni aggravate dal metodo mafioso, traffico di droga, spaccio, porto d’armi ed evasione fiscale, sono le accuse contestate a vario titolo agli undici arrestati all’alba di oggi. Si tratta di Dario e Francesco Nicastro, Massimo Rosi, Sergio Sanseverino, Giuseppe Sorce, Gioacchino Amico, Francesco Bellusci, Rosario Bonvissuto, Giacomo Cristello, Giuseppe Fiore, Pietro Mazzotta, a fronte delle altre 153 misure richieste dalla Procura e rigettate dal Gip Perna, sulla base di una chiusura indagine depositata di oltre cinquemila pagine, durata tre anni. Secondo il giudice non ci sarebbero le basi per dimostrare l’esistenza del consorzio “super mafia”, il primo ricostruito in Italia da magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di comprovata esperienza, quali Alessandra Cerreti, Alessandra Dolci e Marcello Viola e che hanno già presentato ricorso al Riesame per vedersi avvalorare la tesi.

L’indagine Hydra “mozzata”

È partito tutto dalle indagini dei carabinieri sulla locale di Lonate Pozzolo, in provincia di Varese, nel 2020, dove secondo la testimonianza del pentito Emanuele De Castro, proprio lì si stava riattizzando il fuoco delle attività di matrice calabrese. Ed è così che emerge, secondo l’accusa, la nuova collaborazione tra la malavita siciliana, quella calabrese, e quella campana con base su Roma. A sancire il matrimonio criminale, secondo gli investigatori, sono anche i matrimoni veri e propri, dove ad essere invitati sono i rappresentanti di tutte le organizzazioni malavitose. Poi ci sono i “summit”, 21 per la precisione quelli documentati nei filmati dei carabinieri, tra Cinisello Balsamo, Castano Primo, Abbiategrasso, Busto Garolfo, Dairago e Inveruno, dove attorno tavole imbandite si sarebbero presi accordi per far girare “la macchina” del maxi consorzio criminale, tra cui l’apertura di società con capitali da oltre 300 milioni di euro, che investono nel settore petrolifero, nelle sanificazioni e acquisti di dispositivi di sicurezza personale per il Covid, e si infiltrano nella gestione di Rsa, parcheggi di ospedali pubblici e privati in Lombardia, carceri e persino in quella dell’ortomercato. Per il gip però, non c’è mafia e patto tra mafie perché “manca la forza tipica dell’intimidazione mafiosa”.

I tentacoli malavitosi e l’ombra di Matteo Messina Denaro

Parte da Palermo il collegamento di Cosa Nostra a Milano, legata alla cosa dell’Aquasanta e dei fidati castelvetranesi di Matteo Messina Denaro, tanto che per un soffio non è partita proprio dal capoluogo lombardo la cattura del super boss. Non mancano neppure i gelesi consolidati a Busto Arsizio (Varese) e i catanesi, i “carcagnusi” legati al boss Santo Mazzei. Sono invece i fedeli del clan Senese di Roma a rappresentare su Milano la camorra.

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