Dirigente bravo vada a casa. Una farsa alla Alberto Sordi

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Negli Stati Uniti lo chiamano spoil system, un modello secondo cui i dirigenti della macchina amministrativa cambiano con il cambiare del governo. E con i dirigenti cambiano anche coloro che guidano gli snodi strategici degli apparati politici. Nel nostro Paese scimmiottiamo gli americani fin da prima che Alberto Sordi, diretto da Steno, rese celebre la figura di Nando Mericoni in un Americano a Roma. Con la differenza che spesso ci riempiamo la bocca con la meritocrazia, cifra che dovrebbe rappresentare la bussola per tutte le scelte anche della politica. Sappiamo invece come vanno le cose. La meritocrazia, cioè il sistema del merito, è più che altro una velleità retorica, ad uso e consumo di chi, cialtronando, cerca di ottenere consenso raccontando di necessarie modifiche a consuetudini purtroppo consolidate. Naturalmente a beneficio delle chiacchiere.

Succede agli alti livelli, capita nei centri minori. Lo spunto per questa riflessione, che a molti apparirà ovvia visto il contesto, ce lo dà Silvia Gatti, presidente uscente di Agesp Energia a Busto Arsizio, intervistata per Malpensa24 da Andrea Della Bella. Non siamo esperti di managemet per giudicare il lavoro di un dirigente, ma possiamo, come tutti, ascoltare chi ne sa di più, interpretando i numeri. Ne esce che Silvia Gatti, almeno fino a prova contraria, ha fatto bene il proprio lavoro, in un ambito complesso, esposto a risultati negativi come si riscontra in settori analoghi a Busto Arsizio e in provincia di Varese. Come minimo, dovrebbe essere riconfermata nell’incarico. Ma Silvia Gatti fu indicata a suo tempo da Forza Italia, il suo posto oggi è rivendicato dalla Lega e, per questo, deve sloggiare. Chi la sostituirà ha di sicuro le carte in regola, ma se il merito ha un valore nessuno ha licenza di calpestarlo. Nelle logiche della politica, in senso trasversale, invece è giusto così.

Per tornare alla presunta ovvietà del nostro discorso, occorrerebbe uno scatto di coraggio di chi comanda, per imporre finalmente il merito alle appartenenze. Pio desiderio, il nostro. Avallato dal livellamento verso il basso della classe dirigente espressa dai partiti, dove sembrano scomparsi i leader e ci si deve accontentare dei rincalzi, degli amici degli amici o, peggio, dei leccapiedi (eufemismo) del capo di quel momento, che affida posti delicati a improbabili e mediocri esecutori purchè a lui fedeli. Non è il caso di generalizzare, per carità. Ma le competenze vere, i meriti, per dirla tutta, sono un’altra cosa. E lo spoil sytem all’italiana rischia di diventare un cinema, ma senza il talento di un Sordi a rendere godibile anche la farsa.

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