Tangenti Tigros, la difesa di Orrigoni: «Tonetti ha mentito. Era il solo a guadagnarci»

MILANO – «Tonetti ha mentito. Sarà poi questa corte a stabilire se questo abbia o meno rilevanza penale». E’ un attacco frontale quello di oggi, lunedì 29 maggio, dei difensori di Paolo Orrigoni, Francesco D’Alessndro e Federico Consulich, al principale accusatore dell’ex patron d Tigros. Ovvero l’imprenditore Pier Tonetti, il proprietario dell’area di via Cadore sulla quale avrebbe dovuto sorgere un nuovo Tigros gallaratese.

La mazzetta non serviva

Tonetti in aula aveva accusato Orrigoni di essere disposto a versare una tangente da 50mila euro, destinata a Nino Caianiello, l’ex ras di Forza Italia in provincia di Varese arrestato nel 2019 in sede all’inchiesta Mensa dei poveri, pur di veder realizzato il progetto in sei mesi.
La linea difensiva di Orrigoni, accusato di corruzione e per il quale la controparte ha chiesto una condanna a sei anni, è chiarissima. Orrigoni non aveva nessuna necessità di pagare una mazzetta da 50mila euro per realizzare un nuovo supermercato in via Cadore perché su quell’area dal 2017 era prevista una superficie commerciale da 2.500 metri quadrati perfettamente idonea ad ospitare una struttura di media distribuzione. Di fatto non occorreva alcuna variante al Pgt, puntuale o generale che fosse, che è l’oggetto della presunta corruzione, per costruire il nuovo supermercato. Al massimo sarebbe servito un piano attuativo che non è, però, oggetto del capo di imputazione.

Chi ci avrebbe guadagnato?

«Chi ha guadagnato da quest’operazione – hanno aggiunto i difensori – fu Tonetti che doveva vendere l’area e si ritrovò anche il “regalo” (così lo hanno definito in aula) che tutti gli oneri fossero a carico di Tigros. Non solo: fu Tonetti coinvolgere Alberto Bilardo, braccio destro di Caianiello, per arrivare a lui. Di tutto questo Orrigoni non ha mai saputo nulla. E’ Tonetti che glielo presenta come professionista, è Tonetti che concorda con Bilardo un compenso da 50mila euro per la prestazione». I 50mila euro che, attraverso un giro di fatture fittizie, sarebbero poi arrivati a Caianiello. «Ed è Tonetti che paga questi 50mila euro, non Orrigoni», aggiungono i legali. Di più: affnché il reato di corruzione si concretizzi serve il coinvolgimento di un pubblico ufficiale. Nel caso si tratterebbe dell’allora assessore alll’Urbanistica di Gallarate Alessandro Petrone. «Che – spiegano i difensori – da questa operazione che vedo quali attori Tonetti, Bilardo e Caianiello, non riceve alcuna utilità. Neanche un euro. L’accusa identifica queste utilità nella promessa di un futuro avanzamento di carriera politica; ma certo non sarebbe stato Orrigoni a poterlo garantire. Di fatto Il nostro assistito non ha mai versato un euro a Caianiello e nel corso delle conversazioni con lui o Bilardo non ha mai fatto cenno a questa, chiamiamola, tipologia di compenso. Tonetti al contrario avrebbe venduto l’area risparmiandosi il pagamento di migliaia di euro di oneri. E forse questa è la ragione per cui Tonetti e tutti gli altri coinvolti nella vicenda hanno scelto di patteggiare. Tutti tranne Paolo Orrigoni motivato a provare la sua estraneità ai fatti».

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