Tangenti a Gallarate, Orrigoni: «Tonetti ha mentito. Preferisce passare per fesso»

MILANO – «Pier Tonetti ha mentito». E alla domanda, ovvia, sul perché l’imprenditore gallaratese dovrebbe aver testimoniato il falso a riguardo della presunta mazzetta per la costruzione di un supermercato Tigros sull’area di sua proprietà di via Cadore a Gallarate, Paolo Orrigoni, che della catena di grande distribuzione è l’ex patron risponde: «Evidentemente in una piccola città come Gallarate preferisce fare la figura del fesso piuttosto che ammettere che era stata architettata una situazione per ottenere un risultato molto buono per la sua società». Tonetti e Orrigoni, insomma, su quella “consulenza” da 50mila euro si rimpallano le accuse.

Tonetti ha mentito

Il processo Mensa dei poveri è tornato in aula oggi, lunedì 14 novembre, davanti al collegio del Tribunale di Milano presieduto dal giudice Paolo Guidi. Ed è stato Orrigoni, imputato accusato di corruzione, ad aver tenuto banco. Tonetti, che ha chiuso i conti con il procedimento patteggiando una pena a due anni, aveva testimoniato in aula che Orrigoni non solo era pronto a versare una tangente da 50mila euro a Nino Caianiello (l’ex plenipotenziario di Forza Italia in provincia di Varese arrestato nel maggio 2019 che a sua volta ha patteggiato una pena a 4 anni e 10 mesi) ma ne sarebbe stato persino il promotore. Secondo Tonetti, Orrigoni voleva una variante puntuale al Pgt al fine di poter costruire in sei mesi il nuovo supermercato. Tonetti per definire la fretta dell’ex patron Tigros aveva addirittura utilizzato la parola “smania“.

Non conoscevo Bilardo

Oggi è stato Orrigoni a controbattere: nel riassunto del suo preciso esame, condotto dal difensore Federico Consulich, quei 50mila euro inseriti nel contratto preliminare altro non erano che il compenso per la consulenza di Alberto Bilardo, all’epoca coordinatore cittadino di Forza Italia e a sua volta arrestato (ha patteggiato a 3 anni e 6 mesi diventando uno dei principali testi d’accusa), ingegnere a lui (Orrigoni) sino a quel momento sconosciuto e propostogli da Tonetti stesso. In sintesi: se quella doveva essere una mazzetta lui non lo sapeva. Fu Tonetti a gestire il tutto. Altra sintesi: essendo i presunti accordi illeciti a lui sconosciuti se mazzetta fu, è da ritenere interamente in capo a Tonetti. E Bilardo, secondo l’accusa, era il tramite per la tangente.

La variante al Pgt

Orrigoni ha ammesso di preferire una variante puntuale al Pgt invece di una variante generale. Ma non perché avesse fretta: «Ma perché è più semplice da gestire e per esperienza ci vuole meno tempo per arrivare all’approvazione rispetto a una variente generale che può impiegare anche due o tre anni». L’ex patron di Tigros ha raccontato inoltre che Tonetti gli propose l’idea di vendergli l’area in questione già nel 2011, poi nel 2015 quando l’amministrazione era guidata da Edoardo Guenzani, ma l’affare sfumò dopo un incontro con l’allora primo cittadino perché con i criteri dell’epoca il carico urbanistico per l’industriale gallaratese sarebbe stato troppo pesante. Avrebbe dovuto inserire anche del residenziale e non era affatto interessato.

A chi serviva la variante?

Nel 2017 le parti tornarono a parlarsi, con la certezza che la nuova amministrazione in carica avrebbe realizzato una variante al Pgt che avrebbe consentito l’insediamento del supermercato in via Cadore. Orrigoni ha affermato che nessuno lo aveva informato di un Pgt scaduto. La difesa, sino a qualche settimana fa, aveva asserito che in realtà la variante serviva a Tonetti ma non a Tigros perché una porzione dell’area aveva destinazione commerciale. E allora perché la variante era necessaria per chiudere l’affare?

La trattativa

Secondo quanto testimoniato in aula oggi fu Tonetti a ordire la presunta trama, tanto che, con sorpresa di Orrigoni, i tempi della variante generale che gli furono prospettati dall’amministrazione comunale erano «da record mondiale. Fui molto sorpreso da questo». Non solo. «Dopo l’adozione della variante generale rimasi di stucco: l’area venne divisa in due, un fatto mai visto prima, ma gli oneri andavano a pesare solo sulla parte che avrebbe dovuto essere acquistata da Tigros. Niente a carico della porzione che sarebbe rimasta a Tonett». Questo, ha fatto presente Orrigoni, avrebbe aumentato considerevolmente il valore del terreno ancora di proprietà di Piroga (la società di Tonetti ndr). «Anche questo fu un fatto incredibile tanto che facemmo sapere a Tonetti che non eravamo nati ieri». Orrigoni ha anche spiegato che durante l’incontro per la trattativa di vendita con Tonetti lui prese appunti: «Sul prezzo chiudemmo a 4 milioni 600mila euro. Tonetti voleva 5 milioni, io offrivo 4 milioni e mezzo. Noi ci saremmo accollati anche i costi di progettazione (a cui si sarebbero aggiunti in un secondo momento i 50mila euro della presunta tangente, ndr). Al termine dell’incontro sia io che Tonetti firmammo quel foglio».

Il documento prodotto in aula

Quella bozza del preliminare, firmata su un foglio a quadretti intestato con il nome della catena, è stata oggi prodotta in aula per la prima volta: al momento dell’arresto Orrigoni subì una perquisizione domiciliare «ma non furono perquisiti i miei uffici», dove il documento sarebbe stato custodito. Sul fronte Caianiello (che in aula, dopo varie sfumature, ha detto che Orrigoni era consapevole di dover retrocedere 50mila euro o parte di essi qualora l’operazione fosse andata a buon fine) l’ex patron di Tigros ha detto di conoscerlo personalmente. Orrigoni fu candidato per il centrodestra a Varese nel 2016 e ha raccontato di avere avuto con lui una serie di incontri, a volte anche molto serrati, sulla base dei temi in quel momento sull’agenda politica provinciale.

Testimonianze in conflitto

«Perchè mi sarei dovuto rivolgere a Bilardo per arrivare a lui?», è la sintesi della tesi con cui prova a scagionarsi. Bilardo in aula ha però testimoniato altro. Ha detto che Caianiello gli aveva riferito (ma il fatto è de relato e potrebbe perdere forza) che Orrigoni gli avrebbe pagato 30mila euro per la variante (i restanti 20mila sarebbero dovuti andare alla società di comodo pronta a fare falsa fatturazione) e che lui, dopo avergli portato i saluti dell’ex plenipotenziario azzurro, gliene aveva chiesti 60mila (con rifiuto di Orrigoni) per potersi intascare qualcosa dopo tutto il lavoro fatto (per il disciplinare). Non ha detto che si era fatto da tramite tra Tigros e Caianiello.

Caparra restituita

La variante in questione fu adottata ma mai approvata. Nel 2019, infatti, arrivarono i celebri arresti della Mensa dei poveri e il consiglio comunale revocò lo strumento urbanistico. Come prevedeva il contratto, condizionato al buon esito dell’operazione immobiliare, Tonetti a quel punto restituì i 460mila euro versati da Tigros come caparra per l’acquisto dell’area. Ma non i 50mila della “consulenza”.

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