VISTO&RIVISTO L’adolescenza come marchio indelebile sulla nostra pelle

minchella guadagnino visto rivisto
  1. di Andrea Minchella

VISTO

WE ARE WHO WE ARE, di Luca Guadagnino (Italia-Stati Uniti 2020, 49/75 min. X 8, Sky Atlantic).

Luca Guadagnino, insieme a Paolo Giordano, crea un prodotto seriale che riesce nello stesso tempo ad essere poetico, iconografico e inevitabilmente necessario. Dopo la dichiarazione d’amore nei confronti della magia di Dario Argento, con il claustrofobico “Suspiria” del 2018, il regista siciliano si cimenta con il linguaggio ed il formato che in questo momento sembrano essere i più diretti ed efficaci. “We Are Who We Are”, infatti, prende spunto dalle serie più impegnate d’oltreoceano e rielabora un tema universale, anzi più di uno, che si incastra perfettamente nella narrazione continua e approfondita che una serie, più di un film, può garantire. Guadagnino scrive una vicenda mitografica in cui la giovinezza, nello specifico l’adolescenza, diventa cardine fondamentale per l’espressione più sincera di un disagio e, di conseguenza, di un ancestrale desiderio di cambiare che tutti, prima o poi, siamo costretti a vivere. E così, come i due giovani protagonisti, veniamo anche noi catapultati in quella base militare in un’Italia piccola e lontana i cui tratti sfiorano le esistenze di tutti, sia i giovani pieni di speranze, sia i più adulti i cui desideri e i cui sogni sono evaporati insieme alla nebbia che spesso avvolge l’intera base militare.

Caitilin e Fraser sono irrimediabilmente giovani, scalpitanti, pieni di un’energia sovraumana che li centrifuga in uno spazio amniotico e protettivo come è la base in cui sono costretti a vivere a causa delle “scelte militari” che i loro genitori hanno fatto. I due ragazzi si attraggono e si respingono come fossero due atomi impazziti di una materia che ancora non ha trovato la forma definitiva. L’uno è il contrario dell’altro. Ma nello stesso tempo sono più simili e vicini di due gemelli siamesi. Questa loro relazione diventa il filo conduttore di una storia dolce e dura in cui tutti i protagonisti della vicenda danno un loro unico e fondamentale apporto. C’è la mamma di Fraser, una enigmatica Cloè Sevigny, che cerca in tutti i modi di scindere la durezza del suo ruolo di colonnello dell’esercito, dalla incontenibile dolcezza nei confronti di quel figlio così pieno di rabbia e amore. C’è il padre di Caitilin che vive ogni giorno la pressione di un comando “femminile”, una figlia “speciale” ed un figlio acquisito a cui non riesce a dare amore e calore come dovrebbe. Lo sguardo di Guadagnino si sofferma sui ragazzi che ruotano attorno i due protagonisti.

Il sotto testo di questo bel progetto è certamente la descrizione minuziosa e profonda della difficoltà di ognuno di noi di trovare la giusta via per realizzarsi come persone. Il momento della crescita, poi, dalla adolescenza all’età adulta, è una tappa fondamentale che si porta dietro dolore, incertezze e rancori.

L’uscita dalla base militare dei due protagonisti per andare ad un concerto è chiaramente l’abbandono della famiglia, è senza dubbio simbolo dello staccarsi, non senza traumi, dalla ossessiva protezione che la nostra famiglia ci garantisce, spesso senza fornirci gli strumenti adeguati per affrontare le ombre e le nebbie che pervadono il mondo esterno. Luca Guadagnino mette sul tavolo tutta la sua sensibilità, la ricercatezza musicale e la potenza di alcune sequenze per raccontarci una  evocativa vicenda umana che tocca inesorabilmente l’anima di ognuno di noi.

“We Are Who We Are” diventa un’entità indipendente che avvolge i nostri cuori e ci ricorda da dove arriviamo e quanto, anche noi, abbiamo sofferto per capire davvero chi siamo. Non importa “rientrare” in categorie o etichette, ma importa essere sinceri e seguire l’istinto della nostra anima. Più soffriamo, più probabilmente potremo affrontare la vita con una dose maggiore di consapevolezza che ci potrà garantire una maggiore serenità ed una più ampia empatia con il mondo esterno.

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RIVISTO

SUSPIRIA, di Luca Guadagnino (Italia-Stati Uniti 2018, 152 min.).

Più che un remake un atto d’amore. Guadagnino celebra il cinema e la sua magia citando per più di due ore il maestro che quasi cinquant’anni fa ha fatto conoscere al mondo le pieghe più nascoste e terribili dell’animo umano.

Un film sulla bellezza e sul desiderio atavico di non invecchiare mai. Un film sulla danza e sulla potenza dell’arte nella vita di ogni uomo. Un interessante progetto con una brava Dakota Johnson ed una potente e penetrante Tilda Swinton, musa perfetta del regista siciliano. Da riguardare dopo aver rivisto il capolavoro del 1977 di Dario Argento.

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