Molinari: «Non è il Pd che si nasconde. E’ il centrodestra che non ha idee per Varese»

Varese Roberto Molinari

VARESE – «Nessuno sta giocando a nascondere il ruolo del Partito democratico. E i Cinque Stelle non sono certo il problema. Anzi, qui a Varese, mi si passi la battuta, sono più moderati del Pd. Chi dice il contrario, cioè la destra, dimostra di essere in stato confusionale». Chi parla è Roberto Molinari, assessore ai Servizi sociali e tra gli “architetti politici” del “progetto Galimberti”. Progetto che rispetto a cinque anni fa si presenta rinnovato e «allargato: con il nostro sindaco abbiamo superato gli steccati tradizionali e attratto gente che non si riconosce più in questo centrodestra populista e sempre più schiacciato a destra».

Roberto Molinari, l’alleanza con i Cinque Stelle è davvero un boomerang come sostengono gli avversari di centrodestra? 
«Questo tema non è un boomerang: è una banalità. Primo perché i Cinque Stelle di Varese hanno dimostrato di essere una componente moderata. Secondo perché Davide Galimberti, in questi cinque anni, ha dimostrato di avere e di saper esercitare una sua indipendenza rispetto ai partiti presenti nelle coalizione. Atteggiamento che i varesini hanno molto apprezzato».

La presenza di altri partiti, appunto. Il Pd c’è in maniera preponderante. Però sembra quasi stare sullo sfondo. C’è chi dice ci sia quasi la volontà di mimetizzarlo per non “infastidire” il voto moderato. E’ così? 
«Davanti a questa tesi mi vien da sorridere. Il Pd non si nasconde e non viene nascosto. E’ vero invece che siamo un partito che ragiona di politica e che ha dimostrato di saper fare sacrifici. E aggiungo: un partito capace di esercitare un ruolo di cerniera nei confronti di esperienze diverse, che hanno arricchito e allargato la nostra coalizione. Questo ruolo, non di partito egemone, bensì di forza che aggrega, l’abbiamo esercitato con la piena consapevolezza di essere l’unico partito della coalizione. E con l’obiettivo ben chiaro di costruire una coalizione insieme a forze nuove e capaci di interpretare la città del presente, ma soprattutto del futuro».

Ma questo ruolo di cerniera, come l’ha definito lei, non rischia di sminuire il peso del partito? Prendiamo Praticittà, la lista del sindaco, che nell’immaginario sta marcando la coalizione più al centro che a sinistra: non crea imbarazzo nel partito e tra i vostri militanti? 
«Praticittà e, aggiungo, anche la lista dei moderati di Stefano Malerba, sono la dimostrazione che Davide Galimberti ha superato gli steccati tradizionali della politica. Chi definisce Galimberti come il “figlio dei partiti” significa che sta ragionando su una realtà parallela e virtuale. La realtà è un’altra e verrà evidenziata in maniera netta durante la campagna elettorale».

In che senso, scusi? 
«Chi in questi anni si è avvicinato al nostro progetto l’ha fatto perché convinto dalle nostre idee e dalla nostra visione della città. Da noi non ci sarà una lotta intestina per le preferenze. Un problema invece che, dall’altra parte, avrà Forza Italia. L’elettorato moderato e cattolico, lontano dall’ottica delle battaglie sulle preferenze, alla fine troverà spazio e risposte proprio in Praticittà o nella lista Lavoriamo per Varese di Malerba».

Quindi anche lei è convinto che il voto dell’elettorato moderato sarà fondamentale per la vittoria? 
«Questa amministrazione ha aperto interlocuzioni molto allargate. Non solo: abbiamo messo risorse importanti su progetti che hanno visto la partecipazione e la collaborazione del mondo cattolico. Non abbiamo distribuito soldi a pioggia, come invece mi pare di capire stia promettendo di fare il centrodestra. L’ottica del “do ut des” non ci appartiene e la lasciamo a chi ha carenze di idee e assenze programmatiche e deve nascondere queste mancanze».

Il suo riferimento, ci par di capire, è indirizzato al centrodestra che, con Matteo Bianchi candidato da poco più di un mese, ha dovuto riorganizzarsi. Idee, programmi e proposte arriveranno anche da quella parte, non crede? 
«Lo auspico, perché il dibattito in città ne trarrebbe vantaggio. Per ora vedo avversari che ragionano per titoli di un libro non ancora scritto. E non posso pensare che la loro campagna elettorale verrà basata sullo slogan “Questa amministrazione non ha lavorato”. Non regge. Basta girare per la città per vedere tutta un’altra realtà. Tirino fuori i progetti e dimostrino di non avere una visione medioevale della città. Perché in questi cinque anni abbiamo fatto vedere che Varese non è più solo corso Matteotti e non finisce alle stazioni, come invece ha sempre pensato chi ci ha preceduto in amministrazione».