Varese, l’arcivescovo Delpini all’ospedale di circolo ricorda le vittime del Covid

VARESE – «Sono venuto per portarvi una parola amica e per dirvi, con umile gentilezza, che vi sono vicino. Non posso darvi altro che il Signore Gesù che è la cosa più importante per me e per voi». Con queste parole, oggi pomeriggio, l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, si è rivolto alla comunità dell’ospedale di Circolo riunita nella cappella San Giovanni Paolo II per partecipare alla messa di suffragio per le 1.500 vittime del coronavirus in provincia di Varese.

I presenti

Accolto da don Angelo Fontana, cappellano del nosocomio e responsabile della parrocchia “San Giovanni evangelista”, e dal vicario episcopale, monsignor Giuseppe Vegezzi, nella chiesa di San Giovanni nel padiglione centrale dell’ospedale vecchio, l’arcivescovo ha successivamente raggiunto la cappella del monoblocco in processione. Alla messa, concelebrata anche con don Antonio Della Bella e con i cappellani dell’ospedale pediatrico “Del Ponte”, don Michele Robusti, e della fondazione Molina, don Ernesto Mandelli, hanno partecipato numerose autorità, tra le quali il sindaco Davide Galimberti, il presidente della Provincia Emanuele Antonelli e l’assessore regionale all’Ambiente Raffaele Cattaneo. Presenti anche gli alpini della sezione cittadina con il vessillo sezionale e numerosi sanitari del presidio ospedaliero tra i quali, il direttore generale Gianni Bonelli, il direttore della divisione Malattie infettive e tropicali e Girometta d’oro 2021, professor Paolo Grossi.

In memoria delle vittime del Covid

Per l’intera comunità dell’ospedale è stato il giorno della memoria perché, come ha sottolineato il parroco, «mai e poi mai vorremmo dimenticare ciò che ha segnato tutti, personale sanitario e non, malati e loro famiglie, giovani e adulti, uomini delle istituzioni e semplici cittadini». Rivolgendo il saluto di benvenuto all’arcivescovo, don Angelo ha voluto anche testimoniare la spontanea disponibilità manifestata da tutto il personale «quando si era stanchi, o stressati, o impauriti, o delusi, o preoccupati ma, sempre pronti a continuare per amore di quanti erano ricoverati, per amore del proprio lavoro».

L’ulivo del Covid

Anche il direttore generale dell’Asst Sette Laghi, Gianni Bonelli, al termine del rito ha sottolineato che dal ricordo delle vittime del Covid «deve sgorgare un rinnovato impegno per migliorare noi stessi innanzitutto, e la società di conseguenza. I nostri operatori, insieme ai familiari delle vittime, saranno i principali testimoni e promotori di un cambiamento nel modo di intendere e rapportarci alla vita». E infine: «Questa crisi – ha concluso il direttore – una cosa ha avuto di buono: ha fatto sì che emergesse con forza tutto il buono che albergava nelle donne e negli uomini di questa grande azienda. Il loro sacrificio, unito a quello delle vittime, farà la differenza per tutti noi».

Prima di visitare in forma privata tre sacerdoti ricoverati e due reparti di terapia intensiva, monsignor Delpini ha benedetto “l’ulivo del Covid”, una pianta destinata a diventare un memoriale per non dimenticare donata da Alessandro ed Eleonora Lovo, Antonio Pace e Marco Nalesso e collocata all’ingresso del monoblocco, ai piedi del quale in questo mese di maggio i parenti delle vittime del Covid potranno deporre un ciottolo bianco sul quale scrivere il nome del loro caro.

L’arcivescovo ad Arcisate

Lunedì 10 maggio invece, la messa presieduta dall’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, e concelebrata dal prevosto e decano della Valceresio, don Claudio Lunardi, e da altri sedici sacerdoti, ha concluso i festeggiamenti per il cinquecentesimo anniversario della costruzione della basilica di san Vittore. «Una celebrazione – ha esortato l’arcivescovo – che non deve indurre a guardare indietro per rievocare il passato. I prossimi quattro anni – ha concluso Delpini – in vista dell’appuntamento del 29 novembre 2025 quando verranno ricordati i 500 anni dalla consacrazione della basilica, siano un tempo di missione caratterizzato da una vita comunitaria così intensa da seminare speranza in tutta la gente di questa valle».