Molinari (PD): «La sconfitta delle regionali non scalfisce la giunta Galimberti»

L’assessore ai Servizi sociali Roberto Molinari

VARESEIl modello Varese apprezzato anche in altre realtà della provincia. Ma anche la solidità dell’amministrazione Galimberti, per nulla scalfita dal voto regionale e «tanto meno dal chiacchiericcio di qualche fuoriuscito che confonde la realtà con i propri desideri». E infine il pari e patta tra Bonaccini e Schlein: «Non sono sorpreso del pareggio. La Schlein è sostenuta dalle donne, dai giovani e da Marantelli. Domenica però votano anche i cittadini, e non solo i militanti. Auspico un risultato diverso». Queste, in sintesi, le risposte di Roberto Molinari, esponente del Partito Democratico, assessore ai Servizi sociali a Palazzo Estense e tra coloro che hanno costruito il cosìddetto “modello varesino”.

Roberto Molinari, venti punti di distacco da Fontana e secondo consigliere eletto che è rimasto solo nelle intenzioni dei piddini di Varese. Il voto regionale avrà, come qualcuno dice, ripercussione sull’assetto a Palazzo Estense?
«Non scherziamo. L’unica cosa vera del chiacchiericcio post elettorale è che qualche fuoriuscito sta confondendo la realtà con i propri desideri. L’amministrazione Galimberti era e rimane solida e stabile».

Ridurre tutto a pettegolezzo politico però suona come una voler nascondere la mancata elezione del secondo consigliere. Politicamente il Pd varesino non esce ridimensionato anche dal fatto che in città il più votato è stato Samuele Astuti?
«Complimenti ad Astuti che ha visto premiati i cinque anni di campagna elettorale e lavoro svolto da consigliere. Sulla mancata elezione del secondo consigliere guardo i numeri. Il Pd a Varese è arrivato al 23%. Se questo risultato fosse stato confermato a livello provinciale, con ogni probabilità al Pirellone ci sarebbero due eletti. Non solo: Varese ha messo a disposizione del partito il segretario cittadino, che ha incassato un ottimo numero di preferenze fuori città. Questo è un dato politico. In provincia chi ha scritto Carignola sulla scheda ha dato la sua fiducia al modello varesino, che da queste elezioni viene fuori tutt’altro che ridimensionato».

Sarà anche come dice lei, però il dato di fatto è che il partito a livello provinciale è ben sotto il 20%. Insomma, la questione è un po’ più spessa rispetto a letture politiche che cercano di spaccare il capello, non crede?
«Sì, la questione è ben più complessa. I numeri dicono che il Pd nelle città capoluogo è in salute. A Milano, ma anche a Varese, siamo il primo partito. Il problema è nei piccoli e medi Comuni, dove abbiamo perso radicamento. Torniamo a essere presenti e a parlare con la gente. Torniamo a fare politica anche fuori dalla sfera amministrativa».

E, se ce lo consente, anche a recuperare il vostro elettorato che due settimane fa, forse per la prima volta, ha deciso di punirvi con l’astensione. Concorda?
«Il largo successo di Fontana e del centrodestra dice questo. L’elettore di centrosinistra ha scelto di non andare al voto: un po’ perché la proposta politica non l’ha soddisfatto, un po’ per tafazzismo dovuto a una sconfitta che sembrava annunciata».

Sta di fatto che il Pd ancora si cruccia su quanto largo deve essere il campo e poi stringe alleanze a “geografia variabile”, che però non funzionano alla prova delle urne. Lombardia, ma anche Lazio, docet. Come se ne esce?
«Sia che vinca o che perda il centrosinistra, il Pd resta il primo partito della coalizione. Ciò significa che le forze politiche d’area devono decidere cosa fare da grandi, ovvero: accontentarsi di costringere il Pd all’opposizione, oppure fare un passo indietro e iniziare a ragionare in maniera seria su come evitare che il Paese e la Regione Lombardia finiscano sempre nelle mani del centrodestra? Io vedo una sola strada».

Un po’ di chiarezza però la deve fare anche il suo partito. In questo possono aiutare le primarie di domenica 26 febbraio?
«Io sostengo Stefano Bonaccini poiché credo che abbia la capacità di dialogare con l’elettorato di sinistra e anche con quello di centro. Ritengo sia l’unico segretario che possa declinare le riflessioni fatte poco prima».

Varese non è terra di centrosinistra e nemmeno radicale, eppure Elly Schlein ha messo a segno un risultato di spessore. Sorpreso?
«Assolutamente no. Elly Schlein è sostenuta dalle donne, dai giovani e da Marantelli. Questo per dire che tra i militanti gode di un buon sostegno. Le primarie di domenica però coinvolgeranno anche i semplici cittadini e auspico un esito differente».

E se ciò non dovesse accadere, ognuno per la propria strada come si vocifera?
«Il grande dibattito sui candidati alla segreteria è un punto di forza per il partito e per la democrazia interna. Il fatto che la segreteria sia contendibile non significa che il partito si dividerà. Io sostengo Bonaccini, ma chiunque vinca sarà il mio segretario».