Monsignor Livetti: le nostre Chiese hanno bisogno di figure carismatiche

SEMPRE MENO SACERDOTI. E' TEMPO CHE SCENDANO IN CAMPO I LAICI

Monsignor Claudio Livetti, 88 anni, già vicario episcopale degli Arcivescovi Colombo e Martini e per ben 22 anni prevosto di Busto Arsizio: a discapito dell’età, Monsignor Livetti è un sacerdote moderno, con una visione molto acuta rispetto ai problemi della Chiesa di oggi. Lo incontriamo a Busto Arsizio.

Malpensa24 prosegue il viaggio nelle parrocchie delle nostre città, scattando una istantanea della Chiesa ambrosiana. Monsignor Livetti, dall’apice della sua esperienza, come vede e come giudica questo momento di cambiamento per la Chiesa e per le parrocchie?

“Partiamo da un presupposto: non si sono mica chiusi i cancelli della storia. E’ vero che la Chiesa sta attraversando un momento di cambiamento, con le inevitabili difficoltà, ma il futuro è pieno di speranza. Soprattutto perché sono proprio i momenti di difficoltà come questo ad indurci ad andare alla ricerca di un cristianesimo nuovo”.

Sulla scrivania di Monsignor Livetti c’è un libro in memoria del cardinale Giacomo Biffi: “Ubi fides ibi libertas” cioè “Dove c’è fede c’è libertà”. Un pilastro. “Indubbiamente – prosegue – ci trroviamo di fronte ad un processo di molecolarizzazione della società in cui viviamo. E altrettanto indubbiamente il passato non tornerà più. Ma non dimentichiamo che il futuro passa inesorabilmente attraverso il nostro passato e le nostre radici sono quelle su cui costruiremo il futuro”.

Sulla base di queste premesse – che potremmo definire filosofiche – Monsignor Livetti sviluppa la sua analisi. “Sono cambiate molte cose nelle nostre parrocchie negli ultimi trent’anni – ammette – in passato l’assetto è sempre stato clericale cioè il parroco comandava e i fedeli ubbidivano. Questo clericalismo aveva sì radici nel clero, ma anche nella legittimazione conferita al sacerdote dai fedeli, ai quali andava bene delegare compiti e attività al prete. Ma questo schema non poteva funzionare a lungo. E la diminuizione del clero non solo in termini numerici ma anche in termini di vivacità, ha evidenziato la fragilità del sistema. Oggi non c’è più, in molte parrocchie, il prete di riferimento. Ma i laici non sono pronti ad assumersi le proprie responsabilità fra cui il ruolo di trascinatori. E quindi si è creato un vuoto. Mancano le figure carismatiche”.

Tanto si è discusso sul ruolo dei laici, ma la sensazione è che l’abito – oggi più che mai – faccia il monaco…

Monsignor Livetti sorride e si sfila il collarino bianco dell’abito talare. Se lo rigira fra le mani assorto per un attimo nei suoi pensieri. “Pochi sacerdoti e troppe parrocchie – conferma infilando nuovamente il collarino nell’abito – Ecco perché bisogna ripartire dal Concilio Vaticano secondo che ha evidenziato la dignità e la parità dei laici al clero. In troppi, da entrambe le parti, non lo hanno ancora capito. Certo, i seminari sono sempre più vuoti. Ma del resto è cambiato il contesto storico e sociale. Oggi facciamo i conti – ed è il caso di dirlo – con il benessere, con la mentalità consumistica, con la rivoluzione sessuale degli anni Ottanta, con la caduta delle barriere e anche di molti valori. Questa è una crisi sociale. Ma è appunto da qui che bisogna ripartire, nelle parrocchie, con un occhio particolare rispetto al mondo giovanile. I preti, anche se pochi rispetto al passato, devono nuovamente sfodare il proprio carisma sacerdotale, devono stare “con” i giovani, devono stare in mezzo a loro. Devono essere meno “organizzatori” e più preti, guide e punti di riferimento per i ragazzi”.

Sembra un modello del passato…

“Lo dicevo prima, il futuro passa attraverso il passato. Nelle parrocchie, i sacerdoti devono tornare a vivere con il cuore ed essere le figure carismatiche di un tempo, questa volta però senza però accentrare su di sé la pastorale, anzi facendo proprio il lavoro contrario: delegando ai laici, creando altre figure carismatiche, laiche, capaci di diventare nuovi punti di riferimento. Su questa base si potrà costruire un futuro con un clero sempre meno clericale e laici sempre più centrali nella vita delle parrocchie e degli oratori”.

A proposito di oratori, la pastorale giovanile sembra zoppicare, cosa ne pensa?

“Oggi molti oratori sono diventati dei centri sportivi, dove ci sono spazi tecnicamente splendidi ma senza i valori cristiani di un tempo. Luoghi dove il prete non c’è più. Sono sacerdote da 65 anni e sapete cosa serviva all’epoca per fare un oratorio? Un prete, un prato e un bagno per quando ti scappa. Oggi abbiamo strutture sportive bellissime all’interno di molte parrocchie, ma manca l’anima. Ed è invece proprio questa anima che va riscoperta”.

Ma che ruolo avranno dunque i sacerdoti in futuro, dopo il passaggio di consegne, se molti compiti pastorali verranno delegati ai laici?

“I sacerdoti dovranno occuparsi della parte sacramentale ed essere guide spirituali, lasciando ai laici molti compiti pastorali”.

Del resto avremo sempre meno preti.

“Sì ma non sempre le cose vanno misurate con i numeri. Abbiamo preti giovani veramente in gamba, che conosco personalmente e stimo moltissimo. Preti con un grande carisma, in grado di trascinare parrocchie e oratori, di contrastare l’attrazione dei nuovi templi – i centri commerciali – di dare un senso cristiano alla vita di molti giovani. Rilanciando parrocchie e oratori matureranno anche nuove vocazioni religiose. Del resto, dopo 65 anni di sacerdozio, posso dire una cosa: fare bene prete è una cosa bellissima”.

Leggi anche l’intervista a don Luigi Pisoni, parroco della Comunità pastorale di Crenna e Moriggia.