«Non abbandono Busto». Ma si candida o no in Parlamento? Antonelli dice e non dice

Il sindaco Emanuele Antonelli

BUSTO ARSIZIO – «Sono stato eletto dai cittadini di Busto per fare il sindaco e non li abbandonerò». Lo ha dichiarato il sindaco Emanuele Antonelli in un’intervista al quotidiano “La Prealpina”. Un modo, sembra, per escludere una sua corsa, da tempo ventilata da più parti, per un seggio in Parlamento. Ma sarà proprio così? Mistero, almeno per ora.

«Non mi candido. Ma…»

«Non mi candido» ha assicurato Antonelli alle persone a lui vicine che hanno letto l’intervista. «Ma avevo anche detto che non avrei fatto il secondo mandato da sindaco…». Frase accompagnata da un sorriso sornione. Chi lo conosce bene sa che Emanuele Antonelli sa essere imprevedibile. E quindi sull’eventualità di una sua candidatura alle elezioni politiche del 2023 continua a dire e non dire. Perché è vero che avrebbe più volte negato di avere ambizioni di un salto a Roma, ma alla fine lascia sempre una porta aperta per l’eventualità, se davvero dovesse presentarsi l’occasione.

L’ambizione del Circolo

Del resto, già la sera della vittoria elettorale al primo turno dello scorso ottobre, il suo grande amico e responsabile di circoscrizione di Fratelli d’Italia, Checco Lattuada, non aveva negato che il Circolo bustocco del partito di Giorgia Meloni, dopo aver confermato Antonelli per il bis come sindaco (e come Presidente della Provincia di Varese), avrebbe tutt’altro che disdegnato la possibilità di portare un proprio rappresentante a scalare le gerarchie della politica nazionale.

E se corre?

Ma quando, subito? Nel caso, Antonelli dovrebbe rassegnare le dimissioni, visto che l’accettazione della candidatura comporta la decadenza dalla carica di sindaco nei Comuni con popolazione superiore a 20mila abitanti. Se la legislatura si concluderà nei tempi previsti si voterà per le politiche a marzo, consegnando così la Busto appena riconquistata con il plebiscito dello scorso 4 e 5 ottobre ad un commissario prefettizio e al ritorno al voto a primavera inoltrata. Una transizione tutto sommato morbida per la città, che rimarrebbe senza sindaco solo per sei mesi, magari con i progetti strategici del PNRR già avviati.

I precedenti

Era già successo 15 anni a Villa Recalcati, anche allora guidata da un bustocco, Marco Reguzzoni, che lasciò la Provincia a un anno da un trionfo elettorale per andare a Roma a difendere Malpensa e poi a fare il capogruppo della Lega a Montecitorio, mentre a Tradate Dario Galli, rieletto sindaco nel 2017 si dimise per incompatibilità solo qualche mese dopo l’elezione alla Camera, in quanto si trattava di un comune con meno di 20mila abitanti. In entrambi i casi il centrodestra riuscì a rivincere. Ma forse erano altri tempi.

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