Covid-19, la battaglia di Varese

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C’è chi, tra gli esperti, esorta a non dare troppa importanza ai numeri. Ma leggere che in provincia di Varese la conta delle persone contagiate dal coronavirus supera in un solo giorno, martedì 10 novembre, le 3000 (tremila) unità fa impressione. Possiamo anche non dare “troppa importanza ai numeri” e, nel contempo, prendere atto che una crescita tanto esponenziale dei contagi sia dovuta ai tamponi non processati durante il fine settimana, benché lo stesso discorso valga per le altre province dove i dati sono decisamente inferiori; ma nemmeno possiamo far finta che non stia accadendo nulla. Come se l’epidemia fosse un fatto marginale e passeggero. Come se avessero ragione coloro i quali tendono a minimizzare la portata di un evento che, riproponendosi in queste dimensioni, non costituisse un enorme problema sanitario, sociale, economico.

Varese e la sua provincia sono la nuova Bergamo, la città maggiormente colpita dal Covid durante la prima ondata. Rispetto ad allora la letalità appare minore, merito di una serie di variabili, a cominciare dalle informazioni mediche e scientifiche acquisite, che permettono di trattare il Covid con cure più appropriate. Questa però non è una consolazione. Siamo di fronte a un nemico che, sempre secondo virologi, immunologi e clinici, non è affatto diventato “più buono”, cioè meno virulento. Caso mai si riproduce con una velocità ancora più sorprendente.

C’è da domandarsi perché proprio Varese e la sua provincia. Le risposte sono diverse. Forse ce lo siamo portato in casa dalla vicina Milano, dal fatto che con il capoluogo non esiste più soluzione di continuità, che ogni giorno migliaia di pendolari raggiungono la metropoli e ritornano in famiglia. Poi i trasporti, poi la riapertura delle scuole, poi l’allegra estate degli assembramenti, poi le scelte sbagliate, le inadempienze e le schizofrenie istituzionali e politiche, poi tutto ciò che in qualche modo favorisce la diffusione del virus. Lo sappiamo, oramai. Ce l’hanno ripetuto in tutte le lingue del mondo: molto dipende anche da noi, dai nostri comportamenti, dalla irrinunciabile responsabilità soggettiva e collettiva che, senza lasciarci dominare dal panico, dovrà caratterizzare la nostra vita chissà fino a quando.

Fino all’arrivo di un vaccino, certo. Le notizie su questo versante sono positive, ma una soluzione definitiva arriverà quando arriverà. Nel frattempo il nostro dovere è di cercare di limitare i danni. Gli ospedali, innanzitutto. Sono sull’orlo del collasso. Anche questo ci è noto. Sentiamo, vediamo, leggiamo; dovremmo esserne consapevoli, oramai. Anche qui i numeri ci danno l’esatta dimensione del contesto ospedaliero locale e non solo. Ma forse non abbiamo ancora sentito, visto e letto abbastanza.

Francesco Dentali, direttore delle Medicine dell’ospedale di Circolo di Varese, ha da poco rilasciato un’intervista che fotografa scenari drammatici. Altri numeri sulle degenze e sulla sostenibilità della macchina sanitaria varesina. Numeri ai quali dovremmo invece porre attenzione e, appunto, riservare molta importanza. Massimo Galli, autorevole virologo del Sacco, afferma che la “battaglia di Milano è cominciata”. Quella di Varese è già nella sua fase più cruenta.

È la provincia di Varese l’epicentro del Covid: più di 3000 contagiati in un giorno

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