“Il Suo Nome è Noi”, tra i presepi di Busto e Olgiate un’opera d’arte da non perdere

presepi arte disabili

BUSTO ARSIZIO – Un’opera d’arte collettiva, frutto della cooperazione di artisti che hanno condiviso emozioni e parti della loro storia senza temere il giudizio. Si chiama “Il Suo Nome è Noi” ed è stata creata dal laboratorio “Artisticamente:…un po’ Fuori” per la mostra dei presepi di Busto Arsizio, al Battistero di San Giovanni, e di Olgiate Olona, al Teatrino di Villa Gonzaga.

La genesi dell’opera

Il laboratorio nasce dalla collaborazione tra due cooperative, “Progetto Promozione Lavoro” di Olgiate Olona e “Arca 88″ di Olgiate Comasco, che operano per il benessere e l’integrazione di persone con disabilità. “Artisticamente” è un progetto educo-creativo rivolto a persone diversamente abili: l’arte diventa per gli artisti lo strumento con cui veicolare a molti una parte di sé e un loro messaggio. Il processo creativo parte da un tavolo di lavoro chiamato “Zona Temporaneamente Libera” (ZTL), in cui abbassano ogni barriera e condividono desideri, paure, sofferenze, pezzi della loro storia di vita senza temere il giudizio. Dopo la parola nasce l’immagine che veicola il messaggio dell’opera. Il quadro è fatto da tante mani, tante teste e tanti cuori: ognuno mette la sfumatura, e il contributo che può e che vuole, per questo si parla di arte cooperativa. Ogni quadro ha un dettaglio che “esce fuori”, proprio a simboleggiare il significato profondo di questo modo di fare arte. L’artista, infatti, “tira fuori da sé”, creando un’opera che parla, dice, urla, interroga, ricercando integrazione vera tra sé e il pubblico. Portandola fuori il lavoro degli artisti acquista valore e dignità.

Un Dio diverso e fragile

“Artisticamente” ha così descritto “Il Suo Nome è Noi”: «I nostri Maria e Giuseppe sono stilizzati, senza un volto preciso e hanno sfumature di colori diversi: sono una coppia che abbraccia l’amore, due persone che accerchiano il cuore per proteggerlo, contemplarlo, annusarlo da vicino. Le nostre vite non sempre ci parlano di genitori classici, ma di legami che ci accompagnano e sostengono, che gonfiano di affetto il cuore e danno un gusto autentico alla vita. Gesù è il cuore, in Lui abbiamo messo il simbolo con cui la nostra diversità è comunemente rappresentata. Il Bambino di Betlemme ha profondamente compreso e abbracciato le diversità dell’umanità, non contemplando scarti o persone da evitare. È un Dio fatto uomo senza barriere, che si affianca nel cammino dell’uomo, anche al nostro, e lo accompagna e sostiene. Da questo cuore ci sentiamo fortemente rappresentati: per noi è passione per ciò che viviamo e facciamo, è relazione, energia vitale, desiderio di vivere, di essere riconosciuti come persone meritevoli di amore, portatrici di valori, capaci di pensare, desiderose di crescere e di coltivare le proprie aspirazioni. È il Dio “diverso e fragile” che ha intriso di amore l’umanità, scegliendo di attraversare la sofferenza per poi illuminarla di una nuova luce: è Lui che abbiamo scelto per presentarci, senza bisogno di nasconderlo, per dare dignità al nostro lavoro».

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