Processo Cazzaniga. Un’infermiera: “Voleva ridurre le sofferenze dei pazienti”

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SARONNO – «L’intento di Cazzaniga era quello di abbreviare le sofferenze dei pazienti. In questo caso lenire le sofferenze significava accorciare la vita dei pazienti».

Lo ha riferito in aula a Busto Arsizio  una delle infermiere chiamate a testimoniare nel processo contro Leonardo Cazzaniga, l’ex vice primario del pronto soccorso dell’ospedale di Saronno, accusato dell’omicidio volontario di 14 persone, tra pazienti (11) e persone in ambito familiare (3). Il punto filosofico, ma anche concreto, su cui si gioca il processo è questo: Cazzaniga somministrava i farmaci per ridurre le sofferenze dei pazienti terminali abbreviandone la vita per effetto collaterale? Oppure, come ritiene la Procura, somministrava i farmaci con la chiara volontà di uccidere? Il fantasma del famigerato protocollo Cazzaniga è tornato a volteggiare in tribunale attraverso le testimonianze di altre infermiere. Anche se, direttamente da Cazzaniga, nessuno ne aveva avuto conoscenza: «Avevo saputo da altri colleghi – ha raccontato un’infermiera – che nel caso di Angelo Lauria (una delle vittime contestate in tribunale ndr) aveva somministrato un dosaggio importante di farmaci. In particolare una forte dose di Propofol. Di solito si tratta di un farmaco somministrato in piccole dosi. Le scelte della somministrazione comunque avviene in base alle caratteristiche del paziente».

Altre testimonianze

«Del protocollo – ha raccontato un’altra infermiera – se ne parlava tra di noi. Ci dicevamo che non lo avremmo mai utilizzato. Io non l’ho mai usato». In aula poi ha parlato anche la coordinatrice infermieristica del pronto soccorso di Saronno: «Due infermieri – ha sottolineato – mi avevano segnalato i problemi legati all’atteggiamento di Cazzaniga. Io ho informato i miei superiori dicendo che c’erano segnalazioni che dovevano essere prese in considerazione. Il mio referente mi ascoltò e mi disse di accompagnare, una volta effettuata la segnalazione scritta, i due infermieri per un colloquio. Ero presente all’incontro. Raccontarono come si erano sviluppati i fatti. Riferirono che in due episodi erano stati impiegati farmaci con dosi superiori e non adeguati rispetto alla portata e alla natura della patologia. In seguito fu istituita la commissione per analizzare la vicenda. Si sentiva parlare di questo protocollo, ma Cazzaniga con me direttamente non ne ha mai parlato. Un protocollo non formale che evidentemente usava solo lui. Le persone interessate erano quei pazienti con prospettiva di vita non a lungo termine». Anche nell’udienza di venerdì è stato confermato dalle infermiere ascoltate che Cazzaniga assumeva farmaci: «Ultimamente – ha sottolineato la coordinatrice – non saprei come definirlo, forse sì era un po’ più rallentato. Era stato segnalato questo comportamento, ma non vennero presi che io ricordi dei provvedimenti disciplinari». Si torna in aula lunedì mattina quando verrà ascoltato un infermiere figura chiave nella vicenda.

 

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