Ritratto di un genocida: Félicien Kabuga

Latitante per un quarto di secolo, Kabuga è accusato di essere il finanziatore del genocidio in Rwanda

Rwanda, 1994: immagini di un genocidio

di Emma Brumana

Era il 1994 e in cento giorni di sangue vennero uccisi poco meno di un milione di ruandesi. La loro colpa? Appartenere alla minoranza tutsi. L’odio della maggioranza hutu nei confronti di questa etnia affonda le sue radici nell’epoca coloniale. I funzionari belgi avevano concesso ai tutsi posizioni privilegiate nell’organizzazione e nella burocrazia locale. La scelta era giustificata dall’ideologia dominante del darwinismo sociale che classificava gli africani – ritenuti tutti selvaggi – in categorie. I tutsi erano considerati fisicamente più simili ai bianchi, soprattutto per l’altezza e la carnagione più chiara, rispetto agli hutu e ai pigmei twa.

Hutu e tutsi

La situazione cambiò allo scadere dell’esperienza coloniale belga. Nel 1959 Bruxelles, impaurita dalle spinte indipendentiste tutsi, diede il potere agli hutu. L’indipendenza, però, era inevitabile. Fu eletto presidente Grégoire Kaybada, hutu, e da quel momento le tensioni tra le due etnie aumentarono a dismisura fino alle tragiche vicende del 1994.

Il 6 aprile 1994 persero la vita in un incidente aereo gli hutu Juvénal Habyarimana, presidente del Rwanda, e Cyprien Ntaryamira, presidente del Burundi. Il Fronte patriottico ruandese (FPR), rappresentante della minoranza tutsi, veniva accusato di essere l’artefice dell’incidente mortale. La caccia al nemico tutsi era iniziata.

Hutu armati di machete – simbolo delle guerre africane – massacrarono uomini, donne e bambini tutsi, considerati una razza inferiore destinata allo sterminio.

L’Interhamwe – la milizia paramilitare hutu – aveva bisogno di coordinamento e risorse finanziarie per compiere un genocidio di proporzioni apocalittiche. Chi guidò e finanziò il massacro? L’uomo più ricco del Rwanda: Felicién Kabuga.

Kabuga, uomo d’affari e ideologo della strage

Kabuga, classe 1931, era un affermato uomo di affari. Nel corso della sua carriera aveva incontrato esponenti del Movimento democratico ruandese, partito che accoglieva estremisti hutu, era diventato uno di loro e ben presto uno dei capi. Da questa posizione privilegiata e di potere iniziò a pianificare il genocidio. Nel 1993 fondò Radio Mille Colline – RTLM – che alimentò l’odio nei confronti dei tutsi e coordinò i gruppi armati hutu nelle operazioni di sterminio. Pierre Prosper – ambasciatore straordinario USA per i crimini di guerra dal 2001 al 2005 – affermò: “La radio fu probabilmente l’arma più potente del genocidio”.

Ma Kabuga non fu solo l’ideologo. Nei mesi precedenti ai drammatici eventi divenne il maggior importatore di armi. Documenti ritrovati dall’FBI testimoniano transazioni di denaro. Una di queste verso il Kenya per l’acquisto di oltre 25mila kg di machete.

I membri dell’Interhamwe riconoscevano il ricco imprenditore come loro guida e maggior finanziatore. Il quartier generale delle operazioni era, infatti, il lussuoso ufficio del magnate a Kigali. Testimoni oculari ricordano come da quell’edificio partissero camion che trasportavano i machete pronti ad essere distribuiti per uccidere.

L’epilogo fu drammatico.

Qualche anno dopo il genocidio, molti soldati e civili hutu vennero arrestati e condannati a pene severe. Ma i grandi ideologi e finanziatori scapparono dalla giustizia. Tra questi Felicién Kabuga. Nonostante la taglia di cinque milioni di dollari sulla sua testa e le indagini dell’FBI, il finanziatore riuscì a farla franca per più di due decenni.

La cattura

La sua latitanza tuttavia termina sabato 16 maggio 2020 a Asnières- sur- Seine, nei pressi di Parigi. I gendarmi dell’Ufficio centrale della lotta ai crimini contro l’umanità – OCLCH – irrompono nell’abitazione della figlia. È l’alba e le forze dell’ordine si ritrovano faccia a faccia con uno dei latitanti più ricercati al mondo.

Il 30 settembre scorso la Corte di cassazione di Parigi decide di lasciare alla giustizia internazionale il caso, rigettando la richiesta della difesa di processare Kabuga in territorio francese. Inoltre, il 21 ottobre un giudice internazionale ordina il trasferimento temporaneo a L’Aia dell’accusato, ormai ultraottantenne, per accertamenti medici.

L’obiettivo finale è di trasferire l’imputato ad Arusha. In Tanzania si aprirà il processo – probabilmente nel maggio 2021 – presieduto dal Meccanismo residuale per i tribunali penali internazionali. I capi di accusa sono genocidio e crimini contro l’umanità.

RWANDA