Rwanda, quella strana guerra fredda

Lo scontro fra Usa e Francia per una delle aree strategiche portò al genocidio di Hutu e Tutsi

di Selina Gay

In politica estera non si fa mai niente per niente. Nella guerra civile e nei massacri etnici fra Hutu e Tutsi in Rwanda, nell’estate del 1994, USA e Francia hanno avuto enormi responsabilità. Traffici d’armi, alleanze con i leader africani filo-occidentali, manovre occulte e operazioni segrete furono alla base del genocidio che provocò fra 800 mila e un milione di morti. L’interventismo delle due potenze che aveva obiettivi politici ed economici, al centro dei quali c’erano i due protagonisti dell’epoca: i presidenti Clinton e Mitterrand.

Lo zampino di Washington
Sin dall’inizio della guerra civile in Rwanda, qualche anno prima del genocidio, il progetto segreto di Washington era di stabilire una sfera d’influenza americana in una regione dominata storicamente da Francia e Belgio. Gli Usa avevano intenzione di subentrare alla Francia nel controllo dell’area attraverso il sostegno del Rwandan Patriotic Front (RPF) e le forniture di armi al suo braccio militare, la Rwandan Patriotic Army (RPA), organizzazioni tutsi che avrebbero dovuto imporsi politicamente e militarmente e acquisire il potere, garantendo poi sudditanza a Washington. Fra i leader c’era Paul Kagame, capo dei servizi segreti delle forze armate dell’Uganda, addestrato direttamente dal comando militare USA e referente politico e militare degli americani. Diversi commentatori, in quegli anni notarono che Washington aveva fornito aiuti militari all’esercito di Kagame e addestrato centinaia di soldati ruandesi. Più stati africani furono coinvolti nella vicenda, primo tra questi l’Uganda, base di lancio per i movimenti di guerriglia sostenuti dagli USA in Sudan, Rwanda e Congo. All’alba del conflitto un gran numero di soldati ugandesi si unì all’RPA e ai generali Tutsi furono assegnati dei posti di comando. Così, a partire dal 1989 gli Usa avevano sostenuto gli attacchi congiunti dei tutsi dell’RPF e delle forze armate ugandesi contro il Rwanda governato dall’etnia hutu.

Nonostante le buone relazioni diplomatiche tra Parigi e Washington e l’apparente unità dell’alleanza militare occidentale, si trattò di una guerra non dichiarata tra Francia e Stati Uniti, combattuta per procura. L’Amministrazione Clinton era pienamente consapevole che la catastrofe era imminente. Infatti, quattro mesi prima del genocidio, all’inizio del 1994, la CIA avvertì con un report confidenziale il Dipartimento di Stato che gli accordi di pace firmati nel frattempo ad Arusha, sarebbero saltati: “Se le ostilità etnico-politiche dovessero ricominciare, perderebbe la vita più di mezzo milione di persone” si leggeva nel report dell’intelligence. Quest’informazione fu tenuta nascosta perché l’obiettivo strategico di Washington era di abbattere ad ogni costo l’egemonia francese nella regione per poi subentrarvi, creando un’area sotto il controllo americano affidata ad un nuovo governo, guidato da Paul Kagame.

Come di consueto, gli americani giustificavano il sostegno all’esercito locale con un impegno per la difesa dei diritti civili. In realtà, tale impegno prevedeva l’addestramento delle forze militari.

Bernard Debré, l’allora ministro per la Cooperazione nel governo francese di Eduard Balladur, afferma che “ciò che si dimentica di dire è che se da un lato c’era la Francia, dall’altro c’erano gli americani, che armarono i Tutsi e indirettamente gli ugandesi. Non voglio definirla una prova di forza tra francesi e anglosassoni, ma occorre dire la verità”.

Gli obiettivi della Francia

Di quale genocidio parla? Quello degli Hutu contro i Tutsi o dei Tutsi contro gli Hutu? In questi paesi il genocidio non è troppo importante […] sono solo guerre tribali, che cosa c’entriamo noi?”. Contrariamente a queste parole, pronunciate dall’allora presidente francese François Mitterrand, la Francia era coinvolta in pieno nel genocidio in Rwanda. Sosteneva attivamente gli Hutu al governo perché intendeva sviluppare in quegli anni una propria dimensione neo-coloniale in Africa. Secondo un rapporto del governo rwandese, Parigi era perfettamente “al corrente dei preparativi” del genocidio, che nella fase iniziale si è abbattuto contro l’etnia tutsi. La Francia, dice il rapporto, “ha partecipato alle principali iniziative e alla messa in pratica del genocidio contro i Tutsi“. Fra i 13 politici francesi accusati dal rapporto figura anche il presidente Mitterrand, ritenuto responsabile anche per gli affari e gli interessi coltivati dalla sua famiglia in quella regione dell’Africa.

Secondo il ministro della Giustizia rwandese, Tharcisse Karugarama, che ha illustrato le conclusioni del rapporto della commissione d’inchiesta sul ruolo della Francia nel genocidio, ben 13 alti funzionari politici e 20 alti militari francesi “sono corresponsabili del genocidio e pertanto devono essere perseguiti – si legge nel comunicato diffuso dal ministero della Giustizia rwandese – i militari francesi hanno commesso direttamente degli omicidi di Tutsi e Hutu moderati e numerosi stupri su donne tutsi. Vista la gravità di tali fatti, il governo ruandese è intenzionato a intraprendere le azioni necessarie per portare i responsabili politici e militari francesi davanti alla giustizia“.

Il governo di Kigali ha interrotto le relazioni con la Francia nel 2006, quando un giudice francese ha chiesto di perseguire il presidente Paul Kagame per “la presunta partecipazione” all’attentato all’aereo dell’ex presidente ruandese Juvenal Habyarimana del 6 aprile 1994, uno degli elementi scatenanti del massacro africano. L’indice è puntato sull’Opération Turquoise, azione coordinata da Francia, paracadutisti dell’ONU (UNAMIR) ed esercito belga con l’obiettivo di creare zone umanitarie per sfollati e rifugiati. Molti si sono interrogati sull’efficacia umanitaria dell’operazione, che di fatto non è riuscita a porre nessun limite alle violenze né di intervenire nei luoghi e nei tempi opportuni, ma che in compenso mirava a “spezzare la schiena all’RPF” cioè ai Tutsi. Fu la Francia ad avere le responsabilità maggiori, sempre al fianco del governo Hutu dell’allora presidente Habyarimana e successivamente agli estremisti responsabili del genocidio. Secondo il rapporto, la Francia addestrò milizie, fornì armi anche per via illegale e permise la fuga dei principali responsabili del massacro. La commissione d’inchiesta rwandese ha cercato di togliere il velo sulla rete occulta di ufficiali, forze armate, politici, diplomatici, uomini d’affari e servizi segreti. E proprio nel 2020 uno dei membri di questa rete ha concluso la sua fuga: il francese “finanziatore del genocidio” Félicien Kabuga. Uno fra i tanti.

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