Sei anni fa gli spari in municipio a Cardano. L’eredità di Laura Prati

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CARDANO AL CAMPO – Il 2 luglio di sei anni fa gli spari in municipio sconvolsero una normale mattina uguale a tante altre a Cardano al Campo e, venti giorni più tardi, in un letto d’ospedale si portarono via la sindaca Laura Prati (Pd) rimasta gravemente ferita nell’attentato. Sei anni dopo a Cardano governa la Lega ma il ricordo resta vivo, così come la voglia di trovarsi lì, dove l’ex vigile Giuseppe Pegoraro (condannato all’ergatolo) aprì il fuoco, per non dimenticare.

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L’eredità di Laura

«Non è semplice sedere sulla poltrona occupata da Laura Prati», ha detto il primo cittadino Maurizio Colombo. «Più volte ho sentito parlare di eredità della sindaca, un vocabolo spesso usato a sproposito. Qualche volta si è persino scaduti nell’inopportuno tentativo di piegare i propri scopi al ricordo della figura istituzionale di Laura Prati, per fortuna mai riuscendo a rifletterne la luce. L’eredità della sindaca è invece una straordinaria ricchezza di iniziative e una rete a difesa dei più deboli da cui non si potrebbe più prescindere, anche se provenienti da opposti schieramenti. Laura Prati era un’amministratrice lungimirante. E’stata in grado di mettere in campo politiche che hanno la forza di resistere alle legislature, migliorando la vita quotidiana dei cardanesi».

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Le idee di Laura non sono morte

Tantissime le autorità presenti, tra cui il prefetto Enrico Ricci, il questore Giovanni Pepè, il colonnello dei carabinieri Claudio Cappello e il generale della guardia di finanza Marco Lainati, il presidente della provincia Emanuele Antonelli e i sindaci del Cuv. Davanti a loro hanno preso la parola i ragazzi del consiglio comunale junior e l’allora vicesindaco Costantino Iametti, rimasto ferito da arma da fuoco durante la sparatoria: «Laura dev’essere ricordata perché mai più un sindaco deve morire nell’esercizio delle sue funzioni». A rappresentare la famiglia di Prati il figlio Massimo Poliseno, oggi consigliere comunale: «Ricordo come fosse ieri il 2 luglio di sei anni fa, una giornata assurda vissuta tra la paura e la speranza prima della mazzata finale venti giorni dopo. Ma essere qui oggi significa che le idee di mia mamma non sono morte».

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