
SESTO CALENDE – Nuovo ricorso al Tar da parte dell’associazione islamica ticinese contro il Comune di Sesto Calende. Il sindaco Giovanni Buzzi ha ricevuto la notifica formale con la richiesta di nominare un cosiddetto commissario ad acta, una figura che può sostituirsi all’amministrazione comunale e procedere con la localizzazione dell’area per realizzare la tanto discussa moschea in città.
La vicenda
Si apre un nuovo scenario, quindi. In ordine: in consiglio comunale, lo scorso 6 giugno, la maggioranza ha deciso di non adottare la variante al Pgt dell’area individuata per la realizzazione del luogo di culto. Decisione che va contro gli obblighi imposti dalla sentenza del Consiglio di Stato, che si era espressa a favore dell’Associazione Comunità Islamica Ticinese. Fra le conseguenze, c’era appunto la possibilità di nominare un commissario ad acta: figura che può procedere con la localizzazione – esclusivamente per questo specifico argomento – sostituendosi all’amministrazione comunale. E quindi senza che il consiglio comunale debba o possa nuovamente votare, chi a favore o chi contro (Qui tutti i dettagli che riguardano le norme e la possibilità di nominare un commissario ad acta).
«La maggioranza della città è contraria»
«Prosegue quindi l’azione pervicace degli islamici della zona nel volere una moschea a Sesto Calende», le parole del primo cittadino. «In realtà, in questa azione, l’associazione islamica è da sempre sostenuta dall’opposizione di Insieme per Sesto e Sesto 2030. Che ha votato a favore della sua localizzazione recentemente in consiglio comunale, mentre la maggioranza consiliare – con il sindaco – ha votato contro». Di più: «È indubbiamente un argomento controverso, che farà molto discutere. Ma la sensazione precisa è che la cittadinanza sia ancora a grande maggioranza contraria alla realizzazione di una moschea», dice Buzzi. «Non per impedire la libertà di culto, che da tempo viene praticato nelle immediate vicinanze sulla sponda piemontese. Ma per scongiurare il potenziale fortemente attrattivo in una realtà territoriale che non è in grado di accogliere un grande numero di fedeli, rispetto ad altre più grandi città della provincia che non sono dotate di tali strutture per il culto».