Moschea di Sesto, Lega e FI sfidano il Consiglio di Stato. Il sindaco: «Me ne frego»

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Il sindaco Giovanni e Buzzi e il capogruppo Marco Colombo

SESTO CALENDE – Dopo quattro sentenze perse in dieci anni con l’associazione Comunità Islamica Ticinese e 100mila euro di spese sostenute per le cause, il consiglio comunale di Sesto Calende avrebbe dovuto – ieri, 6 giugno – ottemperare alla decisione dei giudici e adottare la variante al Pgt dell’area già individuata (zona industriale, località La Quadra) per la realizzazione di una moschea, la prima in provincia di Varese. Invece no. La maggioranza ha creato un teatrino ad hoc (che suona come una farsa) per allungare ancora i tempi di un progetto che il centrodestra non ha mai accettato. Con le mani legate dall’obbligo di rispettare le imposizioni del Consiglio di Stato, il sindaco Giovanni Buzzi ha presentato la delibera come la «soluzione migliore per la localizzazione». Ma la sua squadra, in evidente accordo, no: ha chiesto scusa, ha garantito fedeltà e sostegno per un’eventuale ricandidatura a sindaco il prossimo anno e ha portato tutti a votare contro la loro stessa proposta. Buzzi compreso, che fino a un minuto prima aveva fatto finta di sostenere la proposta da lui stesso illustrata in aula.

«Non ci piace. Meglio in centro»

La scusa per evitare di arrendersi alla più grande battaglia politica portata avanti dal centrodestra negli ultimi quindici anni l’ha servita sul piatto del consiglio comunale il capogruppo Marco Colombo (Lega) alle 23, quando ormai si era capito da ore che la maggioranza stava recitando un copione preparato con cura. «Noi non siamo contro il luogo di culto, rispetteremo la sentenza. Ma il posto individuato non ci piace. Se ci deve essere integrazione, la facciamo bene: realizziamo la moschea vicino alle nostre case, in centro paese e la rendiamo una bella famiglia sestese», ha detto Colombo, garantendo comunque fedeltà e supporto al sindaco. Buzzi ha preso atto: «Il consiglio comunale è sovrano: io resto dell’idea che sia l’area migliore. La maggioranza non è d’accordo? Me ne frego e vado avanti per la mia strada, non la ritengo una mancanza di fiducia. Ora ci sarà ancora da lavorare su questo argomento». Ma nonostante abbia provato a difendere la delibera, ha seguito la scelta della squadra. O almeno dei presenti. Infatti, non va dimenticato che c’è una sentenza che il Comune è obbligato a rispettare. Tanto che i consiglieri Marco Tamborini (che di professione è avvocato) e Maurizio Lenuzza non se la sono sentita di correre rischi e hanno abbandonato l’aula poco prima del voto.

Un teatrino

Una scena ben organizzata, è evidente. Lo dimostra la decisione di separare le discussioni del punto sulla variante al Pgt. L’area in questione, infatti, è stata individuata per ospitare sia il luogo di culto islamico che gli orti urbani. Due temi legati a un’unica Vas, che sono stati presentati insieme e che quindi sarebbero stati sottoposti a una sola votazione per entrambi. Insomma, un modo per evitare di sacrificare l’adozione dei circa 20 orti da 120 metri quadrati (che ha messo tutti d’accordo). A ulteriore conferma che è stato organizzato è la prassi politica: un sindaco (assessore all’Urbanistica) messo sotto dalla sua maggioranza riguardo una variante al Pgt su un tema importante come quello affrontato in aula, dovrebbe rassegnare le dimissioni non potendo più contare sul sostegno della sua squadra. Invece, in questo caso, non solo non accade ma viene addirittura ribadito il sostegno in caso di ricandidatura alle elezioni. Una stonatura.
Teatrino che allunga ancora i tempi, somma spese ad altre spese e complica un percorso che finora è stato lungo e tortuoso. Ed emerge una maggioranza che, avendo perso su tutti i fronti da un punto di vista giudiziario, sta provando a fare ostruzionismo amministrativo. Cercando di dilatare i tempi il più possibile per una decisione da cui, di fatto, non può scappare.

Il cinepanettone

Un vicenda che la minoranza non ha guardato in silenzio. Con ironia, Giorgio Circosta (Sesto2030): «Potremmo chiamarlo “Natale in consiglio” se fosse un cinepanettone: una maggioranza che vota contro una delibera di giunta. Ma non è un film, è il dramma di una maggioranza che si contraddice su un argomento che non riesce più a gestire». E ancora: «Un tentativo maldestro di prolungare l’iter, per cavalcarlo per la quarta volta alle prossime elezioni comunali. L’emblema della politica divisiva e irresponsabile». Per Roberto Caielli (Insieme per Sesto) è «emersa chiaramente la volontà della maggioranza di non ottemperare alla sentenza del Consiglio di Stato, nel momento in cui Colombo ha dichiarato in modo palesemente strumentale e bugiardo che la sua posizione era contraria per l’area scelta», sottolinea a margine della seduta. E affonda sull’espressione utilizzata dal primo cittadino: «”Me ne frego” è un fatto gravissimo, un motto del fascismo. Frase indegna per un sindaco nell’Italia democratica». Conclude: «Non si è ottemperato alla sentenza e si sono sprecate migliaia di euro per la preparazione della variante, altre spese che si aggiungono a quelle fatte e a quelle che deriveranno da questa decisione, che mette il Comune a rischio di nuove condanne». 

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