Tour del Monte Bianco: Paolo Garindo Re delle Alpi

BUSTO ARSIZIO – Tre giorni e mezzo fra rocce e montagne, 40 ore in movimento, 180 km in solitudine e ben 11.180 metri di dislivello positivo. Sono i numeri dell’impresa, l’ennesima, compiuta da Paolo Garindo, capace di portare a termine il Tour del Monte Bianco, la montagna più alta delle Alpi d’Italia e di Francia tanto da essere ribattezzata Re delle Alpi. Partito nel cuore della notte di domenica 14 agosto, il 47enne sky runner bustocco d’adozione (avvocato, di professione bancario ) ha fatto ritorno a Courmayeur poco prima di mezzogiorno di mercoledì 17 agosto: “E’ stato un viaggio bellissimo, di cui porterò per sempre dentro di me i ricordi: un viaggio dal quale ho ricevuto molto di più di ciò che cercavo“.

Il percorso a tappe

Ho fatto quasi il 45% del percorso nella prima giornata, per poi fare delle tappe molto omogenee negli altri giorni, in modo da dosare le energie e avere più tempo a disposizione per me. Durante le salite, nonostante lo zaino da 32 litri (avevo con me anche un drone FPV), sono riuscito a spingere bene. Nonostante le due operazioni in breve tempo, devo dire che il mio fisico ha reagito bene: il mio target era quello di capire a che punto fosse il mio recupero. Da adesso in avanti avrò il giusto tempo per una vera preparazione, in vista dell’Ultra Trail di Madeira in aprile e soprattutto e del Tor Des Geants in solitaria

La magia degli stambecchi

Difficile scegliere un momento più bello tra i tanti, ma ce n’è uno sicuramente magico: a 50 metri dal rifugio La Croix du Bonhomme, che avevo scelto per dormire, a circa 2.500 metri di altezza, improvvisamente dopo le 17 ha cominciato a radunarsi un gregge di circa 50 stambecchi con tanti piccoli che si divertivano a scornarsi gli uni con gli altri. Per circa 3 ore ho assistito, con gli occhi di un bambino, a questo spettacolo unico.

Il temporale, le nuvole e il freddo

Il momento più difficile l’ho vissuto mercoledì mattina perchè, avendo visto le previsioni meteo, ho cercato di arrivare il prima possibile a Courmayeur per tentare la salita a Punta Helbronner (3.462 metri), prima che arrivasse il temporale. Su quel percorso, con pendenza media al 40-45%, la pioggia avrebbe reso la salita particolarmente rischiosa (nell’ultimo km si sale di 640 metri di dislivello). Per cui ho lasciato il rifugio sotto il Col du Bonhomme abbastanza presto (4.00 AM): c’era un vento fortissimo, mi è stato contro fino al Col de la Signe (circa 10-12 km). Il cielo era limpido ma proprio dal Col de la Seigne stavano cominciando a venire giù le nubi e in poco tempo mi sono ritrovato dentro una fitta coltre di nuvole: riuscivo giusto a vedere pochi metri di sentiero. Faceva molto freddo e il vapore acqueo impregnava qualunque cosa.

Il rimpianto

Ho tentato la salita a Punta Helbronner, ma poco sopra il Pavillon ho dovuto desistere per maltempo. La visibilità era nulla, c’erano venti molto forti e in serata è addirittura nevicato; per cui, salito sopra i 2200 mt, ho atteso qualche minuto nella speranza che la coltre di nubi in cui era immersa la cima più alta d’Italia sparisse, fino a quando ho deciso di ridiscendere a Courmayeur.

Rosa e Bianco a confronto

Dal punto di vista scenografico il Tour del Monte Bianco è sicuramente più bello del Tour del Monte Rosa, specie se – come nel mio caso – vengono fatte tutte le varianti al percorso, che ti portano a lambire le lingue dei ghiacciai. Facendo le varianti la scalata è sicuramente più impegnativa in termini di fatica (più dislivello), ma allo stesso tempo risulta più semplice del tour del Monte Rosa: ad eccezione della salita alla Tete aux Vents, dove ci sono da fare circa 200 metri di dislivello su diverse scale in ferro incastonate nella parete a picco sulla valle di Chamonix (mi ero dimenticato di soffrire di vertigini…), non ricordo salite particolarmente lunghe come quelle presenti invece nel Tour del Monte Rosa.

Paolo Garindo Monte Bianco – MALPENSA 24