Treni che deragliano in un Paese che non ce la fa

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Il governatore Attilio Fontana sul luogo dell'incidente ferroviario nel Lodigiano

Parliamo di treni. Siamo un Paese sfortunato nel settore ferroviario. Sui binari ce ne sono capitate tante in questi anni che verrebbe voglia di tornare al calesse. Persino le eccellenze del trasporto pubblico, esattamente l’alta velocità, riserva incidenti e drammi come l’ultimo di questa mattina, giovedì 6 febbraio, in provincia di Lodi. Non conosciamo ancora le cause, imponderabili, da ascrivere all’errore umano o all’incuria è da capire.

Il bilancio del deragliamento del Frecciarossa è di due vittime e qualche decina di feriti. “Poteva andare peggio” commentano in molti vista la dinamica dell’accaduto. Ma poteva anche andare meglio, così per dire. Cioè, non doveva capitare. Punto. Sofismi, se proprio volessimo puntualizzare. Il problema c’è ed è enorme. Riguarda la sicurezza, la funzionalità e l’efficienza delle nostre ferrovie. E, con esse, dell’intero sistema italiano della mobilità, strade e autostrade, ponti e gallerie. Questione apertissima, irrisolta e probabilmente irrisolvibile dall’oggi al domani. Questione che ci trasciniamo da anni, prima facendo finta di non averla percepita, poi obbligati ad affrontarla tutta d’un botto in funzione di episodi tragici e meno tragici che coinvolgono automobisti e, nel caso delle ferrovie, passeggeri e personale viaggiante.

Ne sentiamo parlare tutti i giorni, soprattutto in Lombardia dove la rete dei binari è corposa e fonte di disagio per gli utenti, a cominciare dai pendolari. Non vogliamo rifare il solito, retorico predicozzo sulle inadempienze degli addetti ai lavori, dei manager e dei politici. Una parola però ci sembra ineludibile: manutenzione. Aspetto basilare, sottovalutato in passato e fors’anche adesso. Manutenzione sui convogli e sulle infrastrutture nel loro complesso. Patrimonio rotabile obsoleto, in alcuni casi addirittura fatiscente. Salvo appunto i Frecciarossa, treni di ultima generazione, “venduti” come il massimo della modernità e della sicurezza.
Mancata manutenzione alla quale si somma spesso la sciatteria. Il discorso qui si fa ostico, s’inerpica su sentieri che potrebbero essere oggetto di fraintendimenti, ma anche dalla trascuratezza discendono molti disservizi e diversi incidenti. I quali producono inevitabilmente costi sociali e danni economici da distribuire nelle diverse categorie produttive e tra i singoli.

Le colpe? Di tutti e di nessuno, come sempre nel nostro Paese. La politica corre ai ripari, promette, progetta, assicura. La Regione Lombardia, va detto, è in prima linea nel tentativo di affrontare e recuperare la situazione, non soltanto per le quotidiane proteste dei cittadini. “Noi sul tema della sicurezza – avverte il governatore Attilio Fontana sul luogo della tragedia nel Lodigiano – ogni giorno chiediamo a RFI (Rete Ferroviaria Italiana) massima attenzione e abbiamo concordato con loro anche una serie di interventi mirati a garantire l’ammodernamento della rete e la realizzazione di interventi tecnologici che garantiscano massima sicurezza. Da oggi la nostra richiesta diventerà ancora piu’ forte”. Nell’attesa che qualcosa migliori in modo concreto torniamo a contare i morti, persino su una tratta di cui ci si fa vanto. Vero, “poteva anche andare peggio”, ma questo non lenisce né il dolore né la rabbia. Tanto meno l’indignazione. Sentimenti del momento, pronti a dimenticarcene domani. Fino alla prossima volta.

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