Univa: «L’export a Varese aumenta del 18%». Ma preoccupa la guerra in Ucraina

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VARESE – Dopo due anni di pandemia, recessione economica, chiusure e casse integrazioni, finalmente il commercio estero a Varese, in linea con il trend nazionale, sembra riprendere forza con un aumento delle esportazioni del 18,5% rispetto al 2020, ma rimangono ancora importanti incognite a causa del caro-prezzi e delle tensioni internazionali.

Numeri incoraggianti

Nel 2021 le esportazioni della provincia di Varese hanno raggiunto il valore di 10,8 miliardi di euro, in aumento del +18,5% rispetto al 2020, sostanzialmente in linea col trend positivo nazionale. A svelarlo è uan recente indagine dell’ufficio studi di Univa, che però avverte che, nonostante il quadro di recupero sia incoraggiante, bisogna anche prendere in considerazione il caro prezzi e le tensioni geopolitiche internazionali che stanno caratterizzando il primo trimestre del 2022.

Allo stesso tempo, però , le importazioni sono ammontate a 8,1 miliardi, con un balzo in avanti del +30%. Da qui il calo del saldo commerciale, che rimane positivo per 2,7 miliardi, in diminuzione del -6,4% rispetto al dato del 2020. «Si tratta di un quadro di recupero del nostro commercio estero – dicono da Univa – ma dobbiamo stare attenti alle incognite di questo periodo a causa del caro-prezzi e della guerra in Ucraina».

La ripresa post Covid

«Il 2021 è stato l’anno della ripresa: i dati sull’export con cui abbiamo chiuso gli ultimi mesi dell’anno scorso sono la conferma dei nostri punti di forza, della nostra abilità dimostrata nel riposizionamento sui mercati esteri e nelle filiere produttive, sia a livello nazionale sia internazionale», dice Roberto Grassi, presidente dell’Unione degli industriali della provincia di Varese. «La crescita che siamo riusciti a mettere a segno è la prova della capacità del sistema manifatturiero di fare da traino economico e sociale del territorio. I dati con cui si è chiuso il 2021 non sono in grado, tuttavia, di descrivere pienamente la situazione che si trovano ad affrontare al momento le imprese della provincia di Varese».

Grassi si dice particolarmente preoccupato per le sempre più crescenti tensioni geopolitiche: la guerra in Ucraina causata dall’invasione russa, le conseguenti fibrillazioni registrate sui mercati energetici, con prezzi mai visti prima d’ora e la mancanza di materie prime.

Prezzi schizzano alle stelle

«Come Univa lo ribadiamo ancora una volta: produrre in molti settori, già oggi, con gli attuali costi produttivi in costante aumento, non conviene più. E dunque, ci troviamo di fronte a situazioni di aumento dell’utilizzo della cassa integrazione, alla chiusura di impianti produttivi o persino ad aziende che, pur di non perdere i clienti, lavorano in perdita. Rischiamo di vedere scomparire per sempre pezzi importanti del nostro patrimonio industriale. È una crisi senza precedenti. Non tutti i nostri competitor, a livello europeo, si trovano, però, nella nostra situazione. Germania e Francia, ad esempio, possono contare su politiche energetiche più efficaci rispetto a quella italiana e si trovano, perciò, a pagare letteralmente un prezzo minore per questa crisi. I loro Sistemi Paese stanno difendendo le capacità produttive delle imprese meglio di quanto non sia stato fatto finora da noi. Ed è anche per questo motivo che il made in Italy rischia di perdere competitività sui mercati esteri».

Servono interventi di emergenza

L’appello a politica e istituzioni di Univa è quindi quello di non essere lasciati soli a fronteggiare le sfide di questa crisi. «Servono subito ulteriori interventi di emergenza, a rinforzo dei provvedimenti già approntati dal Governo, ma del tutto insufficienti. Un tetto al prezzo del gas, agevolazioni fiscali e parafiscali sulle bollette adottate al massimo consentito dalla disciplina europea e il taglio delle imposte sui carburanti: ecco cosa serve. Ma allo stesso tempo dobbiamo dotarci di ciò che da anni manca al Paese: una seria politica industriale energetica di lungo periodo che riduca la nostra dipendenza dal gas russo».

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