VISTO & RIVISTO Il coraggio di mettersi in discussione sempre

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di Andrea Minchella

VISTO:

E POI C’è KATHERINE, di Nisha Ganatra (Late Night, Stati Uniti 2019, 102 min.).

Un buon film che, seppur con qualche errore grammaticale e strutturale, ben rappresenta l’idea originaria che la prolifica regista Canadese di origini indiane voleva esprimere. Per la Ganatra, infatti, non esiste carriera intoccabile o infinita: anche i grandi professionisti devono continuamente evolversi, tenendo sempre aperto un chiaro e sincero canale con le persone che hanno reso le loro vite di successo e fiabesche. Non fa eccezione Katherine Newbury, famosa conduttrice di uno dei più importanti “talk” notturni americani, che dopo una lunga carriera fatta di successi, premi e soddisfazioni, viene messa in discussione dalla direttrice del Network, che le sottolinea l’inesorabile preoccupante calo degli ascolti. La perfezionista Katherine, interpretata in maniera ineccepibile e incredibilmente naturale dalla gigantesca Emma Thompson, crolla in una specie di vortice di insicurezza e apparente depressione. Si ritroverà, dunque, a dover ricreare un team di autori per ideare e scrivere testi che possano riavvicinare il suo “Late Show” ad un pubblico sempre più digitalizzato e“social”. Nel team, spunto iniziale della storia, entra a far parte Molly, una giovane e sognatrice ragazza indiana. Da subito Molly, che proviene da un’azienda chimica, darà prova di una clamorosa e necessaria vitalità nella scrittura di battute e di “sketch”. Il nuovo percorso creativo della trasmissione rimetterà tutto in discussione.

Il limite di questa bella pellicola è che il registro cede spesso il passo ad un facile umorismo che nulla ha a che fare con una storia interessante e molto profonda. Raccontare di un comico, in fondo, non necessita per forza di un registro forzatamente comico: anzi. Un tono asciutto e una sceneggiatura meno scanzonata sarebbero stati più adatti e avrebbero reso questo film un migliore racconto su uno dei tanti aspetti delle vicende umane che tanto appassionano il pubblico di ogni parte del mondo, di tutte le età e di qualsiasi estrazione sociale.

Il film, dunque, è ben fatto e ben interpretato da attori poco conosciuti ma con una capacità recitativa all’altezza. La brava Mindy Kaling riesce in maniera originale a mettere in scena lo stereotipo di giovane ragazza del ventunesimo secolo alle prese con il suo primo importante lavoro. La brava regista Canadese riesce a toccare, senza appesantirli, i delicati temi delle difficoltà delle donne nel mondo del lavoro. Le difficoltà aumentano se le donne in questione sono indiane, ispaniche oppure orientali. In questo racconto queste tematiche vengono solamente sfiorate, ma in una commedia del genere ci si aspetta proprio un approccio come questo.

Apparentemente e commercialmente vicino al bel “Il Diavolo Veste Prada” di David Frankel del 2006, questa pellicola, in realtà, trova maggiori somiglianze in quelle storie incentrate su intrattenitori, comici, personaggi pubblici che si ritrovano ad un certo punto della loro inesistenza, loro malgrado, a fare i conti con una vita improvvisamente complicata e appesantita. “Lenny” di Bob Fosse, “Man On The Moon” di Milos Forman, o “Confessioni Di Una Mente Pericolosa” sono solo alcuni dei film a cui può essere accostato questo “E Poi C’è Katherine”. Solo una scelta poco coraggiosa della regista, limita in parte la grande potenzialità di questo progetto.

 

RIVISTO:

IL DIAVOLO VESTE PRADA, di David Frankel (The Devil Wears Prada, Stati Uniti 2006, 109 min.).

Un film cucito addosso al mito di Dame Anna Wintour, direttrice incontrastata di Vogue dal 1988. Un personaggio, quello di Miranda Priestley, cucito addosso alla potentissima Meryl Streep. Un film che fondamentalmente basa le sue energie su questi due pilastri. Ed il risultato è una commedia fresca ed equilibrata che è diventata un esempio per un filone di commedie che, negli anni successivi, ha riempito le sale di tutto il mondo. Nel film il bravo Frankel accende il riflettore sul mondo dell’editoria della moda e lo trasforma in un qualsiasi posto di lavoro. Ogni spettatore può riconoscersi nella giovane Andrea Sachs alle prese con un capo “diabolico” come la Streep. Ma la fortuna di incontrare un capo come Miranda è riservata a pochi. Spesso sulla nostra strada professionale incontriamo capi miopi ed incapaci di tirare fuori da ognuno di noi le migliori qualità e le più rare attitudini.

Un bel film equilibrato e ben realizzato che, ancora oggi, risulta attuale nei dialoghi e nel ritmo narrativo.

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