VISTO&RIVISTO Alti e bassi di un’amicizia immortale

minchella stanlio ollio

di Andrea Minchella

VISTO

STANLIO & OLLIO, di Jon S. Baird (Stan & Ollie, Stati Uniti- Regno Unito- Canada 2018, 98 min.).

Piace ma non convince. È sempre difficile raccontare le vite degli altri. In questa pellicola l’inesperienza del regista si vede tutta. E la sceneggiatura, curata dal candidato al Premio Oscar Jeff Pope per “Philomena”, non riesce ad entrare fino nel profondo di due personalità, al di là delle apparenze, complesse e piene di zone oscure.

Tuttavia con questo progetto riusciamo a conoscere meglio due pilastri del cinema e della comicità mondali. Un duo che, però, non è riuscito, come tanti personaggi di quell’epoca, a rinnovarsi e a tenere il passo con i drastici cambiamenti che la società e le tecniche cinematografiche ebbero negli anni trenta e quaranta. Se, durante il periodo muto del cinema, Stanlio e Ollio riuscivano bene a rappresentare la loro capacità espressiva e la loro innata e semplice comicità, con l’avvento del sonoro e del colore la loro perfetta alchimia iniziò inarrestabilmente ad evaporare per sempre. Ma a compromettere la loro unicità fu soprattutto il cambio di passo che le case di produzione cinematografiche fecero negli anni quaranta: dopo aver sviscerato ogni sfumatura della commedia comica, con personaggi del calibro di Chaplin o Keaton, le pellicole diventavano più complesse e articolate. Quegli attori non riuscivano più ad intrattenere un pubblico sempre più esigente e capace di emozionarsi più con una travolgente storia d’amore, più tosto che con due pseudo mimi impacciati e troppo leggeri nei contenuti.

Il film ripercorre l’ultima fase della carriera dei due comici: ormai lontani i tempi dei successi planetari, Stan e Oliver intraprendono una tournée in giro per i teatri inglesi, con la speranza di trovare finanziamenti per quello che sarebbe dovuto essere il loro ultimo grande film. Nel racconto emerge, non sempre in maniera puntuale, il sincero e a volte difficile rapporto tra i due comici. Pieni di rancori per scelte sbagliate, lavorative e sentimentali, i due attori, ormai stanchi e malaticci, vengono rappresentati in maniera forse troppo didascalica, senza che la malinconia e la tristezza possano più di tanto avvolgere lo spettatore. Sembra che si voglia proteggere il più possibile l’immagine dei due. In realtà la loro vita fu piena di delusioni e contraddizioni. Privati dei diritti sulla loro immagine, ad esempio, Stan e Oliver ben presto si ritrovarono in ristrettezze economiche, tanto da dover accettare anche impegni lavorativi che esulavano dalla recitazione in progetti cinematografici, ma che potevano assicurare loro soldi necessari per fronteggiare le enormi spese derivanti da assegni di alimenti per le ex mogli e dalle numerose tasse arretrate. Oppure il divieto quasi categorico ai due, soprattutto a Stan, di partecipare alla stesura delle sceneggiature creava spesso malumore e insoddisfazione del duo verso i film che interpretavano. I produttori, infatti, dallo storico e primo Roach ai successivi delle Majors, volevano che i due si occupassero della recitazione, e non della costruzione delle storie.

Formidabili le interpretazioni dei due attori. Se Reilly, pur aiutato dal trucco, è intenso e fedele, Coogan certamente riesce in maniera sorprendente e più incisiva a rappresentare con un’interpretazione magistrale il piccolo e timido Stan.

RIVISTO

CHARLOT, di Richard Attenborough (Chaplin, Stati Uniti- Regno Unito- Francia- Italia 1992, 143 min.).

Fino a quel momento per noi Chaplin era Charlot. In realtà Chaplin era un uomo, pieno di contraddizioni e malinconia. La sua vita assomigliava più ad un film drammatico che ad uno dei suoi sketch, pieni di speranza e di leggerezza. E così, nel 1992, Sir Richard Attenborough decide di intraprendere un difficile viaggio nella complessa e mitografica vita del più grande attore della storia del cinema. Aiutato da un cast enorme, anche troppo variegato, il ruolo di Chaplin riesce quasi sempre ad emergere in maniera cristallina e completa. Affidato il difficile compito di stigmatizzare l’attore britannico ad un giovane e tumultuoso Robert Downey Jr., il film riesce a raccontare una vicenda appassionante che ci fa scoprire, a poco a poco, le numerose sfumature della vita del grande caratterista ed attore.

Il regista inglese, che dieci anni prima aveva descritto magistralmente la vita di Gandhi, riesce quasi completamente a realizzare ancora una volta un’imponente e articolata “bio-pic”, come viene chiamata oggi, che riesce a tratteggiare in maniera scrupolosa e penetrante una figura controversa e contraddittoria che ha contribuito in modo originale e quasi mitologico alla nascita, nei primi anni del Novecento, della Settima Arte.

minchella stanlio ollio – MALPENSA24