VISTO&RIVISTO La guerra come viaggio nelle ombre dell’anima

minchella mendes visto rivisto

di Andrea Minchella

VISTO

1917, di Sam Mendes (Stati Uniti, Regno Unito 2019, 119 min.).

Un pugno nello stomaco. Un viaggio senza filtri dentro uno dei drammi più profondi dell’uomo: la guerra. Mendes decide di raccontare un piccolo evento della Prima Guerra Mondiale catapultando lo spettatore dentro la fredda e putrida trincea dell’esercito britannico. Mendes decide di raccontare una vicenda “in presa diretta”, come se il pubblico fosse in mezzo ai soldati, tra i morti e i topi, tra le macerie e le esplosioni. Il viaggio che Mendes ci fa fare è un lungo e tortuoso cammino dentro l’anima di ogni uomo, messo alla prova con la morte e la violenza. Ma la soggettiva che segue i due protagonisti non dà giudizi, né vuole nascondere o risaltare determinati aspetti a favore della narrazione. Mendes, infatti, segue in silenzio i due soldati che da un punto sperduto, di una Francia martoriata dai combattimenti, devono partire per raggiungere un altrettanto sperduto luogo, per portare un messaggio che potrebbe salvare circa 1600 soldati inglesi. Il viaggio che intraprendono i due ragazzi, quasi bambini, è il viaggio Dantesco che molti soldati sono costretti a conoscere durante le “guerre del novecento”. Le guerre moderne, infatti, con le tecnologie “intelligenti” riducono al minimo lo sforzo umano, che rimane soltanto per compiti marginali. Nella Prima Guerra Mondiale, invece, l’uomo era l’unica vera grande arma di cui gli eserciti disponevano. E per questo motivo le perdite umane furono testimoniate da numeri catastrofici.

Sam Mendes, attento e profondo autore inglese, reduce da due capitoli della saga di James Bond, decide di spogliarsi di tutti i fronzoli scenici e tecnologici per confezionare un’opera intimista che racchiude il dolore e la speranza di due giovani soldati, che credono davvero di poter cambiare il corso della Storia.

Il viaggio che il regista dirige, che ha egregiamente scritto e sceneggiato grazie anche ad alcune preziose testimonianze, è un articolato percorso dentro l’anima sorda e buia di chi commette il grande delitto di comprendere, giustificare e argomentare la guerra. Studiare la storia, leggere un libro o ascoltare racconti su una delle vicende più terribili dell’uomo, non daranno mai il senso reale della violenza e della morte che, invece, si possono “annusare” in opere come queste, in cui i morti sono così vicini, che ne puoi sentire l’odore e la gelida e putrida presenza.

A volte il virtuosismo della “presa diretta” supera l’essenza stessa del racconto, ma certamente “1917” rimane una riuscita e ben articolata opera realistica che ha il doveroso compito di testimoniare eventi che, altrimenti, rimarrebbero sbiaditi e confusi soprattutto nella società contemporanea, spesso distratta e pericolosamente affetta da una dilagante e sempre più aggressiva perdita di memoria.

Giustamente pluri candidato agli Academy di quest’anno, certamente “1917” ha il pregio di essere un film innovativo che stravolge i codici grammaticali e tecnici, senza perdere di vista la volontà di fornire allo spettatore un racconto lineare, asciutto e terribilmente vero.

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RIVISTO

LA SOTTILE LINEA ROSSA, di Terrence Malick (The Thin Red Line, Stati Uniti 1998, 170 min.).

Prima che Malick diventasse quasi un “bulimico” del cinema, nel 1998, dopo vent’anni dal suo ultimo film, regalò al mondo intero una delle opere più potenti del cinema moderno. “La Sottile Linea Rossa”, infatti, rimane certamente una delle narrazioni cinematografiche più intimiste e profonde che Malick abbia mai realizzato. Composta da un cast enorme e capace, il film, che assume caratteri epici, parla di una compagnia di fucilieri dell’esercito statunitense che viene mandata alla conquista di un campo d’aviazione giapponese posto in cima ad una collina dell’isola Guadalancal, nel Sud del Pacifico. Siamo nel 1942, e la Seconda Guerra Mondiale è nel pieno della sua esistenza. Il racconto che confeziona Malick è una sussurrata e coinvolgente analisi della solitudine e del dolore che certi uomini sono stati costretti a vivere per una guerra che molti hanno combattuto, ma che pochi hanno compreso. Le riprese sulla collina, mentre la compagnia cerca di guadagnare qualche centimetro, catapultano il pubblico in un’apparente tranquillità, in cui possiamo sentire e capire i pensieri del giovane soldato Witt, interpretato dal penetrante ed esile Jim Caviezel.

L’opera, gigantesca e silenziosa nello stesso tempo, è probabilmente il più evocativo e poetico film che sia mai stato realizzato sulla tragica e disumana Seconda Guerra Mondiale. Assolutamente da rivedere ogni volta che la nostra memoria ci chiede una giusta e sussurrata dose di verità.

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