VISTO&RIVISTO Priscilla e Elvis, una storia prevedibile

minchella visto rivisto priscilla

di Andrea Minchella

VISTO

PRISCILLA, di Sofia Coppola (Stati Uniti- Italia 2023, 110/113 min.).

Una vita fiabesca. Sospesa nello scintillante mondo dello spettacolo. Vissuta nell’agio ma all’ombra di una personalità forte e ingombrante. Sto parlando di Sofia Coppola. Che ha trasformato ogni suo film in una necessaria e poetica testimonianza sulla sua adolescenza vissuta al fianco di un padre, Francis Ford Coppola, che ha tracciato per diversi anni la traiettoria del cinema mondiale. La giovane Sofia, stregata dal mondo dei film, ha voluto emanciparsi dalla gigantesca penombra creata da suo padre. Ha voluto tracciare una sua linea indipendente di un cinema capace di raccontare nuove storie e nuove emozioni. E fin dal suo debutto, con l’inquietantemente poetico “Il Giardino delle Vergini Suicide”, la regista si è concentrata ad indagare e a raccontare figure femminili complesse e iconografiche. Le donne di Sofia Coppola sono prigioniere che cercano di liberarsi da sole. Sono donne incomprese spesso vittime inconsapevoli di un patriarcato che sempre ha permeato la società. Sono donne che pur di emanciparsi sono disposte a sbagliare e a fare scelte difficili. La cinematografia di Sofia Coppola ci regalato negli anni ritratti unici e schietti in cui la poetica e la narrazione si fondevano per creare un linguaggio innovativo che si incastra alla sobrietà delle immagini a favore di una complessità emotiva di ciò che viene filmato.

“Priscilla” però sembra una battuta d’arresto più che una ennesima evoluzione della narrativa dell’autrice. Seppure la grammatica e lo stile sono di altissimo livello, con una fotografia volontariamente offuscata per evidenziare la posizione dimessa della moglie del Re del Rock, il film in generale sembra non partire mai. Ogni inquadratura, maniacalmente costruita dalla regista, prelude a qualcosa che non avviene. Ogni sequenza sembra slegata una dall’altra, tanto da vedere un uso di dissolvenze mai così numeroso in un film contemporaneo. Un racconto che probabilmente ha il suo punto debole nella scrittura. Coppola scrive la sceneggiatura partendo dal libro di Priscilla Presley che mette su carta la sua vita con Elvis.

Raccontando il suo punto di vista, Priscilla sembra non aggiungere molto a quello che tanti si sono immaginati vivendo e vedendo l’ascesa e la caduta della leggenda di Memphis. Vivere nell’ombra di una personalità così grande non deve essere stato facile. Ma da un racconto del genere, probabilmente, ci si aspettava un inedito e sincero resoconto di un’esperienza come quella. Il libro di Priscilla testimonia una prevedibile e ancestrale sudditanza di una donna, che è andata via di casa a sedici anni, nei confronti di un uomo da cui dipendevano una moltitudine di persone e di affari. La solitudine della donna, non solo quando Elvis era in giro a fare concerti, in una casa gigantesca e completamente vuota di tracce di vita diventa nel film di Sofia Coppola il filo conduttore di una vicenda abbastanza prevedibile. Immaginarsi la moglie dell’uomo più bello e desiderato del mondo, negli anni in cui Elvis era il vero mattatore della musica mondiale, non poteva includere la figura di una donna indipendente, emancipata e felice.

Elvis era un’industria discografica, ed ogni cosa era decisa a tavolino da un impresario che non lasciava nulla al caso. Ciò che ci racconta Priscilla nel suo libro, prima, e che rimarca Sofia nel suo film, dopo, è fondamentalmente una presa di coscienza di essere stata solo una parte funzionale alla carriera del cantante più tosto che la vera scelta d’amore di Elvis. Priscilla fu “selezionata”, probabilmente, giovane e bella, e ingenua, proprio perché potesse ricoprire quel ruolo. Spiace, certo, ma finire a “Graceland” non poteva nascondere nulla di buono. Eppure Priscilla, forse troppo giovane, è stata lasciata libera, da parte della sua famiglia, di scegliere e di amare chi voleva. Anzi, il padre, rigido ufficiale dell’aeronautica militare, ha cercato fino all’ultimo di proteggere sua figlia. Invano. Verrebbe da dire che la vicenda di Priscilla, al di là delle sofferenze che certamente hanno riempito la sua vita, non dovrebbe sorprendere più di tanto.

Rispetto alle donne già raccontate dalla Coppola, qui c’è una sorta di decisione iniziale che rende meno mitologica l’esistenza che ne consegue. Maria Antonietta e la piccola Cleo non scelgono la loro vita che subiscono quasi violentemente. Le ragazze di “Bling Ring” vivono un disagio che proviene spesso da scelte e comportamenti sbagliati di altri che ricadono violentemente addosso a loro. Qui, invece, c’è un dolore di una donna che non è stata in grado di decifrare la figura complessa e fragile dell’uomo che le stava accanto. Elvis non poteva amare una persona sola e incominciò presto a portare su di sé le ferite e le cicatrici di una vita al limite spesso non governata da sue scelte.

Dunque la brava Sofia poteva ricostruire la vicenda facendo un percorso diverso, e probabilmente più difficile, evitando di tenere il racconto di Priscilla come struttura portante del suo film. Questa scelta, infatti, ha contaminato il tentativo di tracciare in maniera oggettiva un’esistenza in penombra e di sottolinearne gli aspetti più intimi e profondi. Dalla regista ci si aspettava uno sforzo maggiore che rendesse “Priscilla” un sincero e poetico diario di bordo di una vita inevitabilmente adombrata dalla gigantesca e straripante figura di Elvis Presley.

***

RIVISTO

THE WIFE- VIVERE NELL’OMBRA, di Bjorn Runge (The Wife, Stati Uniti- Regno Unito- Svezia 2017,100 min.).

La rivincita delle tante donne che vivono all’ombra di uomini che danno per scontato che le proprie moglie siano soltanto un loro prolungamento del corpo. Un film non retorico e diretto sul potere e la forza immensi che le donne possono avere se si slegano dagli stereotipi che spesso loro stesse alimentano. Una Glenn Close magistrale.

minchella visto rivisto priscilla – MALPENSA24