VISTO&RIVISTO Una fiction più che una serie. Comunque ben fatta

visto rivisto circeo

di Andrea Minchella

VISTO

CIRCEO, di Andrea Molaioli (Italia 2022, 10 x 50 min., Cattleya- Rai- Paramount+).

Se con “La Scuola Cattolica” di Stefano Mordini si cercava di indagare con una certa morbosità i fatti tragici e disumani che avvennero la notte tra il 29 e il 30 Settembre nella casa del Circeo di Andrea Ghira, con “Circeo” si cristallizza in maniera abbastanza particolareggiata, ma con qualche incertezza narrativa di troppo, il processo che ne seguì e la sua importanza storica e simbolica grazie, anche, al gigantesco clamore mediatico che lo travolse.

Andrea Molaioli, fine e capace autore del cinema contemporaneo, si misura con la serialità portando sullo schermo una storia italiana complessa e profondamente carica di simboli, significati e contraddizioni, di un periodo storico italiano che ancora oggi rivela tracce e sintomi mai sopiti.

La vicenda “del Circeo” è stata molto di più del delitto efferato e privo di motivazioni che la cronaca si affrettò a raccontare. Quella vicenda tanto agghiacciante quanto orfana di qualsiasi ragionevole interpretazione, si trasformò in una preziosa occasione della società civile di far introdurre il reato di stupro, che fino a quel momento era considerato un reato contro la moralità pubblica e il buon costume. Anche grazie alla capacità e alla volontà di un “pool” di avvocati agguerriti, capeggiati dalla integerrima e combattiva Augusta Bassi in Lagostena, Tina, il caso del Circeo diventò subito un detonatore che deflagrò nella società civile che vedeva l’impianto legislativo del paese lento e completamente sfavorevole nei confronti delle donne.

Il processo del Circeo divenne un processo per stupro, il primo, che sottolineò la gravità del reato in assoluto più che la tragedia specifica in cui tre ragazzi seviziarono Donatella Colasanti, che si salvò, e Rosaria Lopez, che invece morì a causa delle violenze. Il processo che si tenne a Latina, e dove i 3 imputati, tutti provenienti da famiglie potenti e ricche di Roma, non avevano possibilità di influenzare giudici e giuria, si trasformò inevitabilmente in uno schieramento netto tra poveri e ricchi, tra colti e umili, tra ragazzi appartenenti alla borghesia “nera” e il proletariato “rosso” delle periferie romane. Il processo divenne una tappa fondamentale dell’antica lotta tra i movimenti femministi e il maschilismo “di stato e di governo”.

Ghira, Izzo e Guido divennero i simboli di una violenza cieca e gratuita che spesso rimaneva parzialmente impunita, ma che adesso, grazie ad una presa di coscienza forte e inarrestabile, sarebbe stata processata grazie ad un processo giusto. I tre avrebbero pagato per tutti i delitti che per anni vennero eccessivamente e frequentemente “contestualizzati” troppo a causa di una legislazione blanda e di timbro palesemente maschilista. Lo “tsunami” che prese vita dopo la vicenda del Circeo arrivò inesorabile al “palazzo del legislatore” che, comunque con un certo ritardo rispetto i fatti, mise mano alla legge in questione introducendo il reato di stupro. Ora la donna, vittima di violenza, non rischiava più di passare per imputata, come spesso capitò alla povera Colasanti durante il processo “del Circeo”, ma diventava unica vittima di un reato vile e ingiustificabile.

Molaioli, dunque, prende in mano un caso complesso e delicato e lo racconta con uno stile ed un linguaggio molto caro alle “fiction” Rai, ma riuscendo comunque ad introdurre un ritmo cinematografico che rende l’intera produzione un prodotto fresco e avvincente. La bravura degli attori, soprattutto di Greta Scarano che interpreta uno degli avvocati che segue il processo come parte civile e di Ambrosia Caldarelli che diventa completamente Donatella Colasanti, conferisce una certa legittimità al ritmo della vicenda. Forse un’eccessiva linearità degli eventi raccontati a sfavore di un clima più cupo e angosciante limita la valutazione finale alla serie. Molaioli riesce, comunque, ad invogliare lo spettatore che, finito di vedere un episodio, vuole subito cominciarne un altro per saper come prosegue il racconto. Da cercare e da vedere.

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RIVISTO

AMERICAN CRIME STORY: IL CASO OJ SIMPSON, di Ryan Murphy (The People vs. O.J. Simpson American Crime Story, Stati Uniti 2016, 10 x 42-74 min.).

Il più grande caso mediatico americano dopo l’assassinio di JFK. L’America sa affezionarsi agli eroi malvagi perché tutti sono innocenti fino a prova contraria. Il poliedrico Ryan Murphy dà vita ad un’interessante serie che indaghi tra i crimini o gli eventi più significativi della storia recente americana.

La prima stagione di “American Crime Story” si occupa proprio del processo che vide imputato l’ex stella di Football americano OJ Simpson. Il sospetto che abbia ucciso la moglie e il suo presunto amante diventa cemento armato per una produzione serrata e perfettamente realizzata. Murphy riesce completamente a far rivivere i momenti più angosciati di uno dei processi più seguiti in terra americana. Da rivedere.

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