Accam, il nuovo piano industriale è un rebus. Il fronte del No: «Meglio chiudere»

BUSTO ARSIZIO – Legnano alza la posta, Busto “incassa” e non reagisce. Il destino di Accam è affidato ad una sorta di “partita a scacchi” che vede protagonisti i due principali Comuni soci, che da mesi sono in campo con le loro società partecipate, Amga e Agesp, per l’operazione di salvataggio della società che gestisce l’inceneritore di Borsano. Tutt’attorno, divampano le polemiche da parte del fronte “No Accam”, che con diverse voci e sfumature continua ad invocare lo stop al piano di salvataggio («non è a costo zero» rimarca Claudia Cerini, per il Movimento Cinque Stelle di Busto) e lo spegnimento dell’impianto.

Agesp: «Noi siamo pronti»

Oggi pomeriggio (8 marzo) si è svolta l’assemblea di Agesp, la partecipata di Busto chiamata ad avere un ruolo decisivo nella Newco che dovrebbe salvare e risanare Accam. «Abbiamo recepito dal sindaco le indicazioni del consiglio comunale, ne prendiamo atto e lavoriamo a testa bassa – si limita ad affermare il presidente di Agesp Spa Giampiero Reguzzoni – noi siamo pronti a lavorare sulla base delle indicazioni con serenità, tranquillità e serietà. In questo momento sono in corso le interlocuzioni tra i tecnici, aspettiamo il piano industriale per capire procedure, modalità e investimenti».

Le diverse posizioni

Il sindaco di Legnano Lorenzo Radice chiede di «puntare in alto», ponendo tra le condizioni la disponibilità del terreno per 25 anni ma anche la virata netta verso l’orizzonte dell’economia circolare con un piano industriale «non basato esclusivamente sull’incenerimento dei rifiuti». E se Busto Arsizio con l’atto d’indirizzo del consiglio comunale ha “sdoganato” la possibilità di svincolarsi dalla prospettiva del termovalorizzatore, i consulenti di Accam ribadiscono che l’unica opzione sostenibile per il salvataggio della società è il mantenimento in vita dell’impianto di Borsano, che solo con gli introiti attesi dalla ripresa della produzione dell’energia elettrica potrà ripagare gli oltre 11 milioni di debiti accumulati. Insomma, ad oggi non si capisce quale piano industriale potrà conciliare le diverse posizioni di Busto e Legnano con le esigenze di Accam: ci sono poco più di 10 giorni di tempo per rispondere.

M5S Busto: «Chi paga?»

Il Movimento Cinque Stelle di Busto Arsizio, che si chiede «da dove arriveranno i soldi che entro aprile devono essere versati ad Accam come “provvista ponte”», così come «poi i successivi versamenti e gli investimenti necessari per ammodernare l’impianto». Per i pentastellati, fermi sulla posizione “No Accam”, «i cittadini di Busto Arsizio devono capire che questo salvataggio non è a costo zero, ma ricadrà in gran parte sulle loro tasche». Anche perché Regione Lombardia ha escluso un intervento e «l’Europa ha già detto che investimenti su inceneritori/termovalorizzatori non dovranno essere finanziati dal prossimo Recovery fund, un’ulteriore passo per incentivare quella che è considerata la vera economia circolare, ovvero la riduzione dei rifiuti e il recupero delle materie, non quella fittizia legata ai termovalorizzatori caldeggiata da Antonelli e Farioli».

Verdi Busto: no al “Frankenstein” Accam

All’attacco anche i Verdi Ecologisti di Busto Arsizio, che denunciano «l’ennesimo salasso ai danni dei cittadini, costretti a subire, nel caso sia costituita la nuova società pro-Accam con Agesp e la legnanese Amga, il macigno dei milioni di debiti dell’Accam attuale» e rinfacciano al consiglio comunale di «sostenere Antonelli e le vicende decennali di questo consorzio per il coinvolgimento reciproco delle forze politiche che hanno nascosto la polvere sotto i tappeti». L’alternativa? Per i Verdi «meglio pagare pochi milioni subito che infilarci testa e piedi tra i rovi e le ortiche delle assurde ed esose architetture commercialiste progettate, come tenere in vita il Frankenstein Accam».

Brumana invoca la giustizia

Arriva invece a chiedere «un’ispezione giudiziaria» in Accam il capogruppo del Movimento dei Cittadini a Legnano Franco Brumana: «Accam ha dissipato ingenti capitali pubblici e da tempo si trova piena di debiti ed in stato di insolvenza. Occorre che almeno uno dei sindaci presenti denuncia al tribunale ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile affinché venga disposta un’ispezione dell’amministrazione della società e affinché, nel caso in cui ricorrano gli estremi della particolare gravità, così come in questo caso risulterebbe palese, venga nominato un amministratore giudiziario in sostituzione dell’attuale consiglio di amministrazione».

Radice: «Legnano astenuta su Accam per darle l’ultima chance di un nuovo piano»

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