Alitalia, ennesima ritirata da Malpensa: dimezzati i voli per Tokyo

MALPENSA – C’era una volta Malpensa 2000, un hub da 24 milioni di passeggeri all’anno che batteva bandiera tricolore, quella di Alitalia (nella foto tratta dal calendario 2020 del Malpensa Spotter Group). Oggi la presenza della ex compagnia di bandiera in brughiera non vale nemmeno il 2 per cento del traffico complessivo. E la ritirata continua. L’ultimo dietrofront è sulla rotta Milano-Tokyo, con una diminuzione delle frequenze settimanali come controrisposta alla concorrenza giapponese che arriva dopo anni  di dominio incontrastato a toglierle il monopolio sulla tratta.

Meno voli per Tokyo

Lo scorso 19 novembre ANA All Nippon Airways  ha annunciato che Milano rientra tra le cinque nuove rotte intercontinentali (le altre sono Istanbul, Mosca, Shenzhen e Stoccolma) che verranno aperte nel 2020. E Alitalia che fa? Risponde dimezzando in pratica il volo giornaliero verso il Sol Levante operato con l’Airbus A330-200. Secondo Aeroporti Lombardi, dalla prossima stagione estiva rimangono soltanto quattro frequenze settimanali: il lunedì, mercoledì e giovedì con partenza alle 10.35 e il sabato con decollo dieci minuti prima della mezzanotte.

Da undici anni in ritirata

Tutti investono a Malpensa, aeroporto che continua a macinare record, tranne Alitalia. La diminuzione dei voli verso il Giappone è una decisione in linea con la politica messa in atto negli ultimi dieci anni. Nel 2016 arrivò persino a chiudere lo storico collegamento con Roma Fiumicino (poi ripristinato). Ma non solo. In quegli anni soppresse anche i voli diretti a Mosca, Cairo e Algeri, a cui si aggiunse Shangai inaugurato in pompa magna prima di Expo 2015 e durato giusto il tempo dell’apertura della Esposizione universale. Oggi la presenza di Alitalia a Malpensa è ridotta alla miseria di tre collegamenti (Roma, Tokyo e New York), a dimostrazione che quella tra Alitalia e Malpensa è una storia ormai finita.

Promesse da marinaio

Lo smacco del dehubbing del 2008, ovvero la repentina ritirata in massa degli aerei basati in brughiera che rischiò di far capitolare l’aeroporto, è soltanto la ferita più grande. Ma il tormentato rapporto tra il vettore romano e lo scalo varesino è costellato di promesse di rilancio a cui sono sempre seguiti clamorosi dietrofront. «A Malpensa continuiamo a investire non perché lo avevamo detto, ma perché ci sono le condizioni», disse per esempio nel luglio del 2010 l’allora amministratore delegato Rocco Sabelli. Da lì a poco iniziò la fuga di Air One, la smart carrier di Alitalia dedicata ai collegamenti di breve raggio. Un altro esempio? Sempre a Malpensa, durante una visita in pompa magna risalente a giugno 2015, l’ad dell’epoca  Silvano Cassano annunciò mirabolanti investimenti di lungo periodo parlando di rotte verso San Francisco, Città del Messico e Santiago del Cile. Rotte che Alitalia ha sì cominciato a operare, ma a Fiumicino. Ecco perché Malpensa non soltanto ha imparato a non dipendere più da Alitalia, ma osserva le sua disavventure con totale indifferenza.

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