“Takeaway” al Lux, in anteprima per il Baff l’ultimo film con Libero De Rienzo

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BUSTO ARSIZIO – Il BA Film Festival presenta, in anteprima, il lungometraggio “Takeaway” diretto da Renzo Carbonera, l’ultimo interpretato da Libero De Rienzo, scomparso a luglio di quest’anno. Il film, nel cui cast figurano Carlotta Antonelli, Primo Reggiani, Paolo Calabrese e Anna Ferruzzo, è in calendario venerdì 12 novembre alle 21, al cinema Lux (piazza San Donato 5). Ospiti in sala il regista e la produttrice Simona Banchi, che racconteranno la genesi del film e il dietro le quinte della produzione.

Sotto la lente rapporti umani, storie e motivazioni

«Questa è una storia di doping, frutto della fantasia, che al suo interno contiene frammenti di moltissime storie di doping, vere e documentate – spiega Renzo Carbonera – Il doping come sappiamo è un tema delicato, poco trattato, spesso con i toni dello scandalo, demonizzando o minimizzando i risvolti, facendo anche entrambe le cose contemporaneamente. “Takeaway” intende focalizzare il dibattito su questo fenomeno con delicatezza e umanità, concentrandosi sui rapporti umani che ci stanno dietro, sulle storie e le motivazioni dei personaggi».

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La trama

Al centro della vicenda c’è Maria (Carlotta Antonelli), una marciatrice, l’orgoglio di papà (Paolo Calabresi), che vorrebbe vederla coronare un sogno di successo. La mamma (Anna Ferruzzo), invece, è più scettica, sebbene Johnny (Libero De Rienzo), compagno della ragazza, che ha quasi il doppio dei suoi anni, sappia come tenere vivo il sogno di Maria e dei suoi genitori. Per questo motivo Johnny ha il frigo pieno di boccette, avendo aiutato molti giovani con sostanze illegali, nel suo passato da preparatore atletico. Tom (Primo Reggiani) è uno di questi e sta cercando Johnny, ritenendolo responsabile del fatto che il doping gli ha rovinato carriera e salute.

«Un’espressione della società e delle aspettative in cui viviamo»

«Il doping non è altro che una vivida e cruda espressione della società e delle aspettative in cui viviamo – prosegue il regista – e la questione posta al centro non è che doparsi sia sbagliato, o che al contrario si è costretti a farlo perché tutti lo fanno. La questione è: sappiamo dov’è il limite di questa “droga”? Che cos’è il successo? Quanto siamo disposti a fare per ottenerlo? Le persone stabiliscono obiettivi sempre più alti, e per questo si sentono poi più piccole e più sole. Non ci sono vittime e carnefici in questa storia, tutti sono un po’ entrambi, tutti accecati dal desiderio di emergere. Non c’è accusa al mondo dello sport, o alla sua spregiudicatezza, ma non c’è neanche assoluzione. Ci sono solo le persone che devono trovare il tempo per restare sole con sé stesse e valutare cosa sia davvero meglio per loro, quali siano i grandi obiettivi, quali i piccoli successi, e cosa sia più importante».

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