La Beata Giuliana e la Busto ai tempi dei lupi raccontate da Tito Olivato

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BUSTO ARSIZIO – Poco più di cento pagine per narrare due storie in una. Quella della Beata Giuliana, l’umile ragazza nata alla Cascina dei poveri e quella di una Busto dove c’erano già le periferie, popolate non di gente ma di lupi e dove non c’erano né case né palazzi, ma boschi della selva.

Tito Olivato, docente di lettere e musicologo, ha scelto una forma semplice, uno stile scorrevole, alla portata di tutti per dare voce a Beata Giuliana, la santa che ha dato il nome a un popoloso rione di Busto Arsizio. E ne è venuto fuori un romanzo da leggere per fare un lungo viaggio nel tempo, ma senza spostarsi da Busto.

Lo scrittore bustocco, autore anche di testi di storia locale, musica e grammatica, in poco più di cento pagine racconta in “Non sono più mia” la vita scandita da dolori e sofferenze dell’umile ragazza nata nel 1427 alla Cascina dei Poveri. Così tra le righe del romanzo, prima che la Beata si trasferisse al Sacro Monte, si delinea anche la Busto di quel tempo. Il libro verrà presentato il 14 ottobre alla Famiglia Bustocca.

Tito Olivato, perché ha scelto di narrare la storia della Beata Giuliana?

«Credo che la Beata Giuliana dovrebbe ispirare la vita ognuno. Mentre scrivevo questo romanzo respirato la leggerezza e la letizia di questo splendido esempio di carità. La storia di questa ragazza credo abbia ha molto da dire anche ai giorni nostri. Senza clamore e senza riflettori».

A quali scrittori chi si è ispirato in fase di stesura?

«Per lo stile, con tutti i distingui del caso, a “Uomini e no” di Vittorini: il dialogo diretto la fa da padrona portando il lettore nei discorsi, nel botta e risposta, in un succedersi di situazioni senza sosta che talvolta toglie il fiato. Ovviamente con il grande scrittore c’è una bella differenza. Lui è Vittorini, io, solo di secondo nome, mi chiamo Vittorio».

Perché la scelta del romanzo e non un saggio?

«Il romanzo, nella fattispecie quello storico, avvicina anche il lettore che è lontano dal saggio o quello che è a digiuno di storia. È una giusta soluzione per divulgare eventi e date che altrimenti resterebbero appannaggio di pochi. Io sono contro l’oligarchia culturale».

Chi vorrebbe che leggesse questo libro?

«Gli uomini e soprattutto i giovani. Sono certo che leggendo della vita di Beata Giuliana anche loro troverebbero molti spunti per riflettere».

Quale stile e linguaggio ha adottato per essere accattivante con i lettori?

«Nella prima parte ho privilegiato uno stile essenziale, arido come l’ambiente contadino della selva longa. La seconda dovrebbe aprire il cuore a chi lo legge. Non so se ci sono riuscito, ma questo era l’intento».

Dunque ci sono parti più impegnative?

«Quelle relative agli Sforza e ai Visconti che ho cercato di intrecciare fugacemente con le vicende del monastero».

Quanto tempo per stendere il testo?

«Più di un anno per studiare e leggere il personaggio, sei mesi per scriverlo».

Perché ha deciso di scrivere questa storia?

«Per avvicinare la gente una vicenda di sei secoli fa e per far capire quanto il messaggio contenuto, nonostante il tempo passato, sia ancora attuale».

Beata Giuliana Olivato – MALPENSA 24