Accam, i 27 Comuni soci giocano a Peppa Tencia

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di Gian Franco Bottini

Da qualche settimana i fari di numerosi comuni dell’Alto Milanese sono puntati  sulla sorte  di Accam; una situazione  da anni  sotto la lente di ingrandimento e che in questo momento è  di quanto mai  difficile lettura. Una lettura resa ancor più complessa per il fatto che alcune delle amministrazioni socie di Accam stanno vivendo un particolare momento della loro vita, chi perché  appena insediatasi (Legnano) e chi (Busto, Gallarate) perché  in scadenza di mandato. E’ legittimo pensare  che le già complesse vicende societarie,  intrecciandosi con questioni politico/elettorali, rendano lo scenario significativamente offuscato . Se a questo si aggiungono  le annose prese di posizione demagogiche spesso inquinate dall’obbiettivo del facile consenso,  è intuitivo comprendere come il bailamme mediatico renda difficile  il formarsi di una diffusa opinione pubblica  causando un sostanziale  disinteresse.

Cercare di semplificare la situazione per renderla comprensibile alla gente, oggi  ci parrebbe più utile che continuare a cantare alla luna, con  canzoni oramai più noiose di “Quel mazzolin dei fiori” .

Per cominciare, a noi pare che se si vuole tentare di uscire dalla nebbia il primo passo  sia di tener presente, quando si  ci si trova di fronte ad opinioni su Accam, che  non si deve fare di ogni erba un fascio, ma  si debba necessariamente distinguere  se esse  si riferiscono  ad Accam in quanto impianto Termovalorizzatore oppure  ad Accam in quanto Società per azioni.

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Gian Franco Bottini

Entrambe le facce della medaglia denunciano sicuramente grossi problemi, ma bisogna onestamente  tener conto  che così come esistono Società in buona salute esistono anche Termovalorizzatori ugualmente “asintomatici”; non si spiegherebbe altrimenti la loro presenza  nei centri-città di Copenaghen, di Vienna, Monaco, Oslo. Questo a significare che la presenza di un Termovalorizzatore, quando correttamente strutturato, non significa in assoluto dover considerare l’area  dove esso risiede alla stregua di una “discarica” o classificare l’impianto  un sicuro “demone inquinante”. Quanto sopra naturalmente senza voler affermare che nel caso di Accam  ci si trovi in presenza di un impianto con il  livello di virtuosità dei casi citati o che  lo stesso , considerata la vetustà e i frequenti guai strutturali, possa  essere considerato meritevole di una programmazione di utilizzo a lungo respiro.

Per quanto riguarda le vicissitudini di Accam-Società , senza entrare nel merito di vicende extra aziendali,  la ritardata approvazione del bilancio e le molte informazioni su difficoltà di diverso genere, fanno pensare ad una speranza di vita ancor più limitata  di quella che abbiamo ipotizzato per Accam-Termovalorizzatore, a meno di  un  massiccio intervento  dall’esterno in grado di mettere una toppa  ai molti problemi tecnico-finanziari.

D’altra parte non si può ignorare che Accam rientra nel patrimonio dei 27 comuni soci e che quindi esiste l’obbligo, anche morale,  di difenderne la sua consistenza economica oltre che  considerare  che un territorio, in questo caso l’Alto Milanese, che vuole tornare a godere di considerazione deve dimostrare , come tutte le più importanti aree lombarde,  la propria autonomia nello smaltimento dei propri rifiuti magari facendone anche una fonte di economia e lavoro.

Detto quanto sopra è quindi nostro avviso che ogni progetto che abbia le “giuste caratteristiche” per superare i problemi di Accam-Termovalorizzatore debba  essere preso in seria considerazione per evitare che, senza alcuno  scampo,  i problemi di Accam-Società prendano il definitivo sopravvento . Le “giuste caratteristiche” sono  quelle  di un piano a lungo respiro, dei criteri di smaltimento innovativi ed in  linea con le indicazioni europee che mettono in primo piano  i problemi di salute ed  ambiente, un giusto ristoro per il territorio ospitante (Busto Arsizio) e per chi altro assumesse particolari impegni.

Ma per mettere in cantiere questa “ nuova Accam” , oltre al non trascurabile problema degli ingenti finanziamenti richiesti, esiste il  problema dei tempi necessari alla sua realizzazione; tempi che, per fornire una imprescindibile continuità di servizio, la “vecchia Accam” dovrebbe poter garantire, cosa che al momento non sembrerebbe  proprio in grado di fare.

Questo è il  vero e prioritario problema da risolvere e stante i “chiari di luna” pare che  le parti in causa si passino la  spinosa questione  di mano in mano , come fosse la “Peppa tencia”, mentre  la via d’uscita via via si  riduce  ad  un angusto  cunicolo. A chi toccherà la responsabilità di giocare l’ultima mano, in questa che sembra una spinosa partita a poker?

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