Busto, altra grana per Accam: anche Europower si rivolge al tribunale

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BUSTO ARSIZIO – Venti di guerra sull’inceneritore di Borsano: Europower vuole tutti i soldi previsti dal contratto in scadenza. E per ottenere il rispetto del contratto si rivolge al tribunale. Dopo la società Accam, che qualche settimana fa ha chiesto di avere una perizia al Tribunale di Milano sullo stato manutentivo delle turbine andate in fumo e per cercare di capire quali siano state le vere cause del rogo che ha provocato pesantissimi danni tecnici ed economici, pare che anche Europower abbia deciso di varcare la soglia del palazzo di giustizia. Per chiedere un’ingiunzione di pagamento alla società Accam e quindi vedere ottemperato sotto l’aspetto economico il contratto (milionario) in scadenza per la gestione dell’impianto. Sulla mossa le bocche sono più che cucite. Ufficialmente.

Rapporti tesi

Cercare di districare il groviglio Accam è diventata un’impresa complicata. Qualcuno dice addirittura impossibile. Tanto più ora che è stato tirato in mezzo il tribunale. Per motivi diversi, ma al contempo collegati. Proviamo ad andare con ordine, anche sulla base di alcune indiscrezioni da parte di insider che osservano la situazione e non nascondono la crescente preoccupazione per la piega, sempre più brutta, che sta prendendo la vicenda. Soprattutto ora che pare sia iniziata una guerra di posizione tra la società Accam ed Europower,  la realtà che gestisce l’impianto, con un contratto in scadenza e ormai la certezza che, dopo vent’anni (anno più, anno meno), non verrà rinnovato.

Quasi al collasso

Il quadro economico della società, per altro già colpita dalla vicenda Mensa dei poveri, è da tempo preoccupante. Anche se, a fine 2019, i conti davano un segnale di speranza, poiché segnavano un leggero ma significativo “più”. Spazzato via nel giro di un paio di settimane, ovvero dopo il rogo che ha intaccato in maniera pesantissima le due turbine. E insieme alla turbine, le fiamme hanno “bruciato” un pezzo di futuro e compromesso in maniera pesantissima il presente. L’impianto è stato fermo per giorni e poi ha ripreso a funzionare non a pieno regime. Ma il danno oltre che tecnico si è anche riversato sugli introiti (mancati), sui costi di smaltimento (in qualche modo cresciuti) e sugli investimenti (previsti più avanti e anticipati). Insomma quasi un collasso dovuto alla grande carenza di liquidità.

Di chi sono le responsabilità?

L’unico punto certo è che l’incendio non ha origini dolose. Le fiamme si sono scatenate per colpa di qualcosa che è andato storto. Infatti, il problema è capire, appunto, cosa non ha funzionato. Insomma se di guasto si è trattato, ora bisogna stabilire di quale natura sia stato: improvviso, inevitabile, o dovuto a qualche mancanza manutentiva? E se così fosse, chi avrebbe dovuto mettere mano, prima dell’incendio, e verificare, monitorare le turbine ed eventualmente sistemare (qualora fosse stato necessario) la componentistica logora o malfunzionante?

Dilemma tutto da sciogliere: chi paga?

Un dilemma. Attorno al quale girano un bel po’ di soldini e un pezzo di futuro di Accam. E che, per risolverlo, la società Accam ha pensato di chiamare in causa un perito del tribunale di Milano (unico che ha competenze su una materia cosi complessa) e che dovrà stilare una consulenza tecnica chiarificatrice.

Ma a bussare alle porte del palazzo di giustizia pare sia stata anche Europower, la quale alla luce di una situazione societaria (quella di Accam) economicamente complessa, raccontano, teme di non vedere corrisposto quanto ancora manca per onorare il contratto in essere ormai in scadenza (2021). E non ci si faccia ingannare dal tempo che ancora deve passare da qui alla fine, poiché nonostante non sia lungo, le cifre in questione sono comunque pesanti.

Ma c’è di più. Pare, infatti, che l’azione giudiziaria di Europower arrivi in seguito al fatto che il saldo delle ultime tranche di quanto previsto sia stato “congelato” in attesa di capire il responso della perizia sull’incendio e quindi le responsabilità tecniche e di conseguenza economiche.

Insomma un film, il solito, che va in onda tutte le volte che si parla di Accam. E che di fatto potrebbe anche annoiare per via della complessità dell’argomento che fin qui ha dato poche gioie e tanti dolori, ma che in realtà, in caso di tragico finale, si tramuterà in un pesante dazio per il territorio e i Comuni soci. In modo particolare per Busto Arsizio. Che da settimane, sulla questione, pare non abbia dato più alcun segnale.

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