A Busto il Baff meraviglia con la Santa Chiara rivoluzionaria di Nicchiarelli

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Don Davide Milani, Massimo Cantini Parrini e Steve Della Casa

BUSTO ARSIZIO – «Se Chiara appare come una rivoluzionaria, è perché lo era. I ragazzi, quando hanno visto il potere di cui giovani possono essere capaci, sono rimasti stupiti». Per la serata del Baff che ieri, martedì 18 aprile, l’ha visto ospite al cinema San Giovanni Bosco di Busto, don Davide Milani ha scelto il film di Susanna Nicchiarelli dedicato alla santa di Assisi. «Il papa viene mostrato nelle sua debolezze ma non fa parte dei cattivi. Si presenta tuttavia stonato rispetto al rigore di Chiara: un altro tema che emerge è quello del posto delle donne, che dobbiamo valorizzare. Anche se questa suona come una frase brutta, fa sembrare che ci debba essere un’autorizzazione da parte di noi maschi».

La trilogia delle donne

“Chiara”, che insieme alla protagonista Margherita Mazzucco – la Elena Greco di “L’amica geniale” – annovera nel cast Paola Tiziana Cruciani, Carlotta Natoli e Luigi Lo Cascio, completa una trilogia delle donne formata dai film “Nico, 1988”, sull’icona della musica, della moda e dello sballo, e “Miss Marx”, sulla figlia di uno dei personaggi più emblematici della storia europea. «Con un altro salto temporale viene presentata un’ulteriore figura emblematica, questa volta per la fede cristiana e per la Chiesa. Una donna che è stata messa in ombra dai maschi, di cui tutti sanno dire qualcosa ma non sanno andare oltre a quello. La sua storia è stata ricostruita con grande rigore filologico, attingendo a testi e scritture; anche per quanto riguarda la lingua, perché è il momento in cui sta nascendo l’italiano. Il film è dedicato alla memoria di Chiara Frugoni, la più grande medievalista italiana, che gli ha prestato la sua ultima consulenza».

Andrea Caccia e Luigi Colombo con Della Casa

Il lavoro filologico messo in campo per i costumi

In sala c’era anche il pluripremiato costumista Massimo Cantini Parrini che, in particolare – ha ricordato il direttore artistico del Baff Steve Della Casa – è stato insignito di cinque David di Donatello, tre Nastri d’argento, oltre a esser finito in area Oscar con “Pinocchio” e “Cyrano”: «È stato fatto anche un enorme lavoro dal punto di vista filologico anche riguardo all’abbigliamento; data la scarsità di ciò che è rimasto, possiamo solo provare a immaginarlo facendo riferimento ad affreschi e scritture, e attraverso studi sui materiali e sulla loro usura. Si vestivano di lino, lana, cotone e avevano fatto voto di povertà. Lavoro per sottrazione e la forma è l’anello decisivo di come funziona un costume; ho tratto ispirazione da Alberto Burri visitando a Roma la Galleria d’Arte Moderna. Le donne dell’epoca avevano una manualità straordinaria: ho anche inserito alcuni ricami che richiamassero al Cristianesimo».

“In questo tempo c’è bisogno di suscitare lo stupore”

Così come il cinema Nuovo Aquilone di Lecco che don Milani ha riaperto – «una delle sale che vanno meglio in Italia, ha sottolineato Della Casa – «anche il San Giovanni Bosco arriva da una comunità e lavora sul territorio. E fa delle scelte; chi invece si lascia scegliere dagli altri sta davanti alle piattaforme». Come ha aggiunto il presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, «di recente siamo stati da Papa Francesco. Ci ha detto di continuare con quello che stavamo facendo, un’attenzione che non mi aspettavo, mi ha sorpreso: “Voi avete il potere di meravigliare la gente, in questo tempo c’è bisogno di suscitare lo stupore”».
La serata è stata anche l’occasione per rinnovare il legame con il Festival del Cinema Nuovo, dedicato a filmati realizzati da persone con disabilità, con la proiezione in apertura del western “Per un pugno di banane”, cortometraggio vincitore della dodicesima edizione. Il presidente Luigi Colombo ha aggiornato sullo stato di salute della kermesse, che «dall’anno scorso ha fatto passi da gigante: ci siamo trasferiti a Bergamo, stringendo un forte legame con il sindaco e l’amministrazione. Abbiamo ricevuto 215 corti, prima di solito erano solo una settantina; questa volta perlopiù miravano a far ridere o divertire, probabilmente una reazione alla pandemia». Andrea Caccia, docente dell’Istituto Antonioni, è stato già ingaggiato per tenere un secondo corso di cinema: il primo «certamente non si è svolto con un set abituale, punto di riferimento è stata la finestra di Zoom, che tutti noi abbiamo imparato a conoscere, dalla quale davo gli esercizi da fare. Ho però creato un processo dove tutte le persone partecipassero alla scrittura dell’opera».

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