Busto, negozi nel limbo: «Noi aperti, ma invitano la gente a non uscire. Assurdo»

Roberto Asta davanti al suo negozio in via Mazzini

BUSTO ARSIZIO – «Ci lasciano aperti, ma poi raccomandano alla gente di stare a casa. È assurdo». Lo sfogo è di Roberto Asta, fiduciario dei gioiellieri per Confcommercio-Ascom Busto Valle Olona, che nel suo negozio di via Mazzini a Busto Arsizio sta assistendo al crollo delle presenze in questi primi giorni di “semi-lockdown” decretato dal governo. A soffrire non sono solo le attività costrette a chiudere o a limitare gli orari, come bar e ristoranti, palestre e cinema. E il suo collega Davide Usuelli, commerciante nel settore dell’abbigliamento, rincara la dose: «Meglio il lockdown che rimanere nel limbo, senza la gente che entra nei negozi».

Non solo bar, ristoranti e palestre

«Sia chiaro, per bar e ristoranti i provvedimenti dell’ultimo Dpcm sono molto più pesanti, e ho la massima solidarietà per i colleghi di quei settori, ma la situazione che stiamo vivendo si ripercuote su tutto il commercio. C’è molta meno gente che passeggia per le strade» rivela Roberto Asta. Tanto da arrivare a pensare che «per lavorare così, forse sarebbe meglio un nuovo lockdown. Anche se molte attività potrebbero non riaprire più». Oltretutto, «se per le attività che chiudono sono previste le compensazioni economiche, chi sta aperto e lavora meno non avrà alcun tipo di sostegno economico. Gli affitti e le bollette li dobbiamo pagare anche noi».

Gli investimenti anti-Covid

All’esercente bustocco i provvedimenti presi nel fine settimana non tornano: «Se i negozi rimangono aperti, ma il governo dice di non uscire, e nel decreto viene “fortemente raccomandato” di evitare gli spostamenti non essenziali, io per chi rimango aperto?» si chiede Roberto Asta. «Eppure i nostri negozi di vicinato sono sicuri e la gente non deve aver paura del contagio. Con le entrate contingentate non c’è rischio di assembramenti, misuriamo la temperatura all’ingresso, siamo dotati di igienizzante per le mani. Io ad esempio ho investito nelle barriere in plexiglas e nel condizionatore con i filtri speciali contro i virus e mi sono dotato di un contenitore per i rifiuti speciali, come le mascherine».

«Il limbo? Meglio il lockdown»

«Noi privati abbiamo fatto la nostra parte per mettere in sicurezza le nostre attività, e le istituzioni invece cosa hanno fatto per adeguare il trasporto pubblico?» si chiede Davide Usuelli, che ha la sua attività storica di abbigliamento esattamente sull’altro lato di via Mazzini. «Se continuano a dire a tutti di stare a casa il più possibile, e se tutto chiude alle 18, nelle attività di commercio al dettaglio come la nostra non entra nessuno. Poi dal governo ci diranno che, siccome eravamo aperti e in teoria abbiamo lavorato, non abbiamo diritto a nessun aiuto. Ma piuttosto che rimanere così nel limbo, meglio un lockdown, per poi salvare il periodo del Natale».

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