Omicidio Maltesi, Fontana: «Ecco come ho ucciso Carol. Poi volevo suicidarmi»

Davide Fontana

BUSTO ARSIZIO – «Non ho mai premeditato niente». Ci tiene a precisarlo Davide Fontana (nella foto), l’assassino reo confesso di Carol Maltesi, 26 anni, di Sesto Calende, assassinata e fatta a pezzi nella sua abitazione di via Melzi a Rescaldina. Ci tiene a precisarla l’omicida durante l’esame dell’imputato davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Busto Arsizio presieduta dal presidente della sezione penale Giuseppe Fazio.

La premeditazione

Ci tiene perché il riconoscimento dell’aggravante della premeditazione, sulla quale il pubblico ministero Carlo Alberto Lafiandra insiste, è cosa che potrebbe portare ad una condanna all’ergastolo. Fontana ha ricostruito la sua conoscenza con la vittima: dal primo incontro a pagamento sino all’11 gennaio 2022 giorno dell’omicidio. Carol lavorava nel mondo dell’intrattenimento per adulti. Fontana, marito, padre e bancario, si immerge in quel mondo dopo essersi separato dalla moglie.

Il trasferimento a Verona

Il racconto di quell’11 gennaio è un film dell’orrore che tutto pare tranne che nato da una violenza d’impeto. Fontana ha ammesso di essere dispiaciuto per la decisione della 26enne di trasferirsi a Verona per stare più vicina al figlio di sei anni. Ha ammesso di soffrire per l’imminente abbandono ma ha minimizzato spiegando che era consapevole che prima o poi lei si sarebbe trasferita. E che anzi era convinto che quella di avvicinarsi al figlio fosse una cosa giusta. Fontana, così ha detto, sapeva da settembre-ottobre 2021 della volontà della 26enne. Per l’accusa la paura di perdere la donna di cui Fontana si è detto innamorato è il movente che avrebbe spinto l’ex bancario ad agire.

Un video per il codice del cellulare

Si arriva all’11 gennaio di quest’anno. Fontana e Maltesi avrebbero dovuto girare due video. Nel primo la trama prevedeva che lei mostrasse il codice di sblocco del proprio cellulare. Fontana dopo l’omicidio si sostituirà alla ragazza rispondendo tramite il cellulare della vittima ai messaggi di fidanzato, amici e famigliari. I resti della ragazza, infatti, saranno ritrovati a Borno, nel bresciano, solo due mesi dopo l’omicidio.

Il martello mai usato prima

Nel secondo video (un video personalizzato per sito OnlyFans richiesto dallo stesso Fontana tramite un account fittizio) Carol avrebbe dovuto essere legata in modo stretto con del nastro adesivo: bocca, mani e piedi. Secondo l’imputato fu la 26enne a chiedere che fosse utilizzato un martello in quello che doveva essere un girato boundage. Oggetto di scena mai utilizzato prima. Fontana ha detto di aver colpito Carol con colpi leggeri alle gambe e alla pancia. Poi di averla colpita alla testa per alcuni secondi. Perché? L’uomo ha detto di non sapere. Di non ricordare. Quindi l’imputato, senza togliere il cappuccio che copriva la testa della vittima, ha stabilito, seconda sentirle il polso, come sottolineato dall’avvocato di parte civile Manuela Scalia, che la ragazza fosse morta. In pochi istanti l’uomo, così lo racconta lui, scende al piano di sotto, prende un coltello e sgozza Carol «Mi era sembrato di vedere un movimento della gamba: non volevo soffrisse». In realtà, come testimoniato dal medico legale, Carol era viva e avrebbe potuto forse salvarsi se Fontana avesse tempestivamente chiamato i soccorsi. L’uomo non ha oggi saputo spiegare perché non lo abbia fatto.

Il metronomo dell’orrore

La sera dell’11 gennaio Fontana ordina un grosso congelatore su Amazon. Il 12 gennaio compra un seghetto. Il 13 o il 14 inizia a depezzare la vittima (il cadavere è stato trovato tagliato in 18 pezzi). Fontana arriva anche ad eviscerare il cadavere, operazione estremamente complessa. «In tutto ho impiegato 3 o 4 giorni», ha detto in aula. C’è un primo tentativo di liberarsi del corpo: Fontana va in un agriturismo a Varano per un sopraluogo. Poi ritorna con i resti di Carol che tenta di bruciare in un barbecue dopo averli cosparsi di benzina. Fallito il tentativo l’omicida si libererà poi del cadavere abbandonandolo nel bresciano.

Volevo suicidarmi

Fontana non ha saputo spiegare perché non abbia chiamato subito le forze di polizia. Solo dopo il ritrovamento del corpo l’uomo si reca dai carabinieri di Rescaldina. Ma anche in quel frangente non confessa: «Volevo andare lì, dire che i resti trovati erano quelli di Carol, e poi tornare a casa e suicidarmi», ha detto oggi in Assise. Rispondendo alla Corte Fontana ha detto che darebbe la vita per poter riportare Carol indietro, che si odia per c’è che ha fatto, che la sua più grande condanna saranno la vergogna e il rimorso che sentirà per sempre e che intende adoperarsi per il resto della vita per risarcire le vittime.

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