Busto, ripresa di ristoranti e pizzerie tra norme confuse e rischio sanzioni

busto gino capri covid
Gino Savino con la moglie Anna e la sorella Monica in una delle sale da Capri

BUSTO ARSIZIO – Più che aggiungi bisognerebbe dire … togli un posto a tavola. Già perché il coronavirus prima ha fatto chiudere i locali e ora, che possono riaprire, li ha ristretti. Per numeri di posti a sedere. E la ripartenza, sia per chi si appresta ad aprire come il ristorante pizzeria Capri (venerdì 29 maggio), sia per chi ha già iniziato a lavorare come la Perla di viale Rimembranze, resta una grossa incognita. Per via dei clienti, che ancora nutrono qualche timore e continuano a preferire l’asporto al menù alla carta, ma anche per le regole da adottare, che non sono esattamente chiare e in alcuni casi perfino contraddittorie. Senza contare che la riduzione dei coperti si traduce in un mancato incasso. Oltre al grande problema del personale, che in alcuni casi è stato ridotto.

Mi si è ristretto il locale

«Quasi quasi mi serviva un geometra per risistemare le sale da pranzo – racconta Gino Savino della pizzeria Capri – Perché non si è trattato solo di eliminare tutta una serie di coperti, bensì di studiare anche le varie possibilità per poter comporre o scomporre i tavoli quando siamo operativi e arrivano i clienti. Oggi non è più che prima del Covid, che quando entra un cliente gli si può dare il primo tavolo libero. Bisogna capire quanti sono, vedere come sono già occupati gli altri posti a sedere e poi farli accomodare. Insomma, già solo questo sarà per noi un’incognita organizzativa».

Poi c’è il numero di quanti possono stare al tavolo: da 2 a 4 sicuramente, ma 6 persone sarebbero già un problema. Figuriamoci se per caso si dovesse aggiungere una persona a pranzo o cena già iniziata: «Non posso farla sedere al tavolo con gli amici. E altro problema è se dovesse entrare una compagnia di dieci persone. Insomma ci sono una serie di situazioni non semplici da gestire». E con il timore di mettere il piede in fallo, «perché non tutte le direttive sono chiare – continua Savino – e il rischio è quello di sbagliare. Insomma lavoriamo con la “spada di Damocle” dell’assembramento, che qualora dovesse verificarsi comporterebbe la chiusura». Di certo anche il Capri, come tutti gli altri locali, apparirà trasformato: «Basta pensare che in una delle sale da pranzo da 120 posti sono riuscito a ricavare solo 49 coperti».

Da due settimane al lavoro ma che fatica

Antonio Imperato, gestore della pizzeria La Perla di viale Rimembranze, nei due mesi di lockdown ha passato tutte le fasi: quella della chiusura totale, quella della consegna a domicilio e quella dell’asporto. Ora ha riaperto l’attività da un paio di settimane, «appena ne ho avuto la possibilità», racconta contento di essere tornato a lavorare. Ma quando si parla di regole da adottare per la sicurezza e flusso della clientela l’umore un po’ cambia. «Nessuno di noi ristoratori – dice – sa esattamente come ci dobbiamo comportare. Noi abbiamo ridisegnato la sala sulla base delle indicazioni governative, siamo scesi da 100 a 35 posti, ma ci sono alcune cose che non tornano». Quali? «Ne dico una – continua imperato – se dovesse venire un nucleo famigliare anche loro sono costretti a rispettare le distanze di sicurezza a tavola. Questa indicazione di Regione Lombardia mi sembra un po’ assurda».

E i clienti? «Ancora pochi – conclude – La gente è ha paura ed è restia a cenare fuori. Spero però che questo aspetto sia solo una questione di tempo. Nel senso che i due mesi di quarantena hanno lasciato il segno nella gente».

busto ristoranti pizzerie sanzioni – MALPENSA24