Busto, vuoto politico uguale vuoto di rappresentanza

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L'Aula di Montecitorio non ho ospita più deputati bustocchi

di Gian Franco Bottini

Busto Arsizio, la 5/6a città della Lombardia, si è risvegliata una mattina di queste accorgendosi di non aver più rappresentanti locali nel Parlamento Italiano e nemmeno nel Consiglio Regionale. Meglio  tardi che mai, visto che le relative elezioni, seppur recenti, datano oramai fra la fine del 2022 e l’inizio del 2023. Una carenza rilevante per la città, sia per la sua assenza dai luoghi decisionali sia per la sua  immagine; una situazione che per la verità pare interessare poco l’opinione pubblica, se non quando il verificare che Varese e soprattutto Gallarate  sono ampiamente rappresentate, stimola il becero nervo del “campanile”. Oltretutto, una situazione sicuramente inadeguata alla caratura della città ma anche inusuale, se pensiamo ad almeno gli ultimi settant’anni di storia cittadina.

Se, nella ricerca di motivazioni,  volessimo andare al di là delle qualunquistiche affermazioni del genere “Busto città in declino” (affermazioni tutte da dimostrare), vale la pena di iniziare dall’esame dei meccanismi e delle liturgie politiche  che governano la materia. Va innanzitutto chiarito che le candidature per ricoprire i citati incarichi sono una prerogativa dei Partiti politici e quand’anche (soprattutto a livello regionale) assumessero l’apparenza di “liste civiche” difficilmente sarebbe dimostrabile non trattarsi di altro che ”sotttomarche” dei partiti stessi. Le altre liste “autenticamente civiche”, nascono ed esauriscono la loro influenza nell’ambito delle questioni cittadine (al massimo provinciali) ed in questa partita la palla non la vedono.

Questo per dire che qualsiasi candidatura, in qualsiasi partito, può aver successo unicamente se ottiene il supporto e il riconoscimento dei diversi livelli decisionali del partito stesso, a partire dalla segreteria comunale da dove si genera la richiesta e via via ai livelli superiori . Va da se quindi che un candidato, oltre le necessarie qualità, dovrebbe costruirsi nel tempo la reputazione e la storia personale e politica per essere un riconosciuto buon candidato sia nell’ambito del suo partito sia verso l’elettorato.

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Gian Franco Bottini

Abbiamo usato il condizionale perché, visti i risultati, negli almeno ultimi anni ciò, a Busto, pare non essere avvenuto o quanto meno nell’ambito di quei partiti che, seppur con alterne fortune,  hanno storicamente costituito la parte vincente nel panorama politico cittadino: il centrodestra. A riprova di ciò gli ultimi rappresentanti parlamentari espressi dalla città sono stati infatti la stimatissima senatrice Erica Dadda targata PD (frutto di una scelta che ha seguito sicuramente la corretta trafila prima illustrata),  la senatrice Bignami (che si è molto ben comportata nel suo mandato) e tale onorevole Catalano ((immediatamente resosi irreperibile anche dal GPS). Gli ultimi due, con tutto il rispetto, sono stati solo inaspettati e sconosciuti frutti dell’effimero exploit “ 5Stelle.”

Per quanto riguarda il Consiglio Regionale: da molti anni il deserto.

Non è difficile verificare che questa ”crisi di vocazioni” è assolutamente parallela alle vicende dei partiti di cdx;  con il calo a picco di alcuni (Lega, F.I.) e conseguente “desertificazione” delle segreterie cittadine e con la repentina esplosione di altri (FdI) che, per il fenomeno dei vasi comunicanti, si sono trovati la segreteria ripiena di nuovi frequentatori, ma tutta da omologare in tempi brevi ed insufficienti . Un fenomeno nazionale, sicuramente, ma che in alcune situazioni (Varese e Gallarate per esempio) è stato gestito con maggiore capacità e con le segreterie che, chi più e chi meno, hanno saputo reagire, in virtù probabilmente di una migliore qualità, credibilità e storia del personale politico presente.

Non si può però ignorare una particolare posizione di Busto (in quanto opinione pubblica), che va certamente a condizionare anche la sua postura politica. Busto ha da sempre accettato a “collo storto” (e per diverse sostenibili motivazioni) la posizione di Varese in quanto capoluogo di provincia; la politica, rappresentata dalle segreterie cittadine dei partiti, è innegabile che ne abbia risentito e che abbia frequentemente avuto una posizione “snobbistica” verso le proprie segreterie provinciali. Questo ha spesso portato ad una sorta di indipendenza, quasi autosufficienza, che nei momenti difficili e complessi risulta “isolamento”, assolutamente nocivo in quel processo decisionale che poco sopra abbiamo illustrato.

Se poi si aggiunge l’assenza di un impegno politico, a qualsiasi livello, di personaggi significativi nell’ambito dell’economia, dell’industria, della cultura, delle professioni , del sociale e di quant’altro, si completa un quadro particolarmente grigio che giustifica la situazione in questione.

La nostra succinta analisi potrà essere anche non condivisa; certo è che per altri 3/4 anni Busto dovrà  mettersi il cuore in pace e bene sarebbe che i partiti politici mettessero in cantiere, già da oggi, l’identificazione di quelli che in gergo calcistico si chiamano “prospetti”, per consentire loro un adeguato percorso di “allenamento” secondo lo schema segnalato, evitando le solite stucchevoli ed inconcludenti risse per le scelte dell’ultima ora. Tutto ciò, con la speranza che (ma la città da sola non è sufficiente!) Busto riesca a conservare nel prossimo consesso europeo una sua presenza, ultimo importante baluardo di rappresentatività della città.

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