Processo Mensa dei poveri, Caianiello in aula: «Venivano tutti da me»

Nino Caianiello oggi, lunedì 12 settembre, in aula a Milano

MILANO – «Lara Comi mascotte di Forza Italia. Da coordinatori provinciali lei e Rienzo Azzi si fidavano di me e mi lasciavano ampio spazio di manovra nella gestione politica del partito in provincia di Varese». Comi, oggi in aula da imputata, è stata abbracciata da Caianiello con calore alla fine dell’udienza. Processo Mensa dei poveri: il giorno di Nino Caianiello è arrivato. L’ex plenipotenziario di Forza Italia in provincia di Varese, arrestato nel maggio 2019 e che ha già patteggiato una pena a 4 anni e 10 mesi, è salito sul banco dei testimoni alle 16.30 di oggi, lunedì 12 settembre, con un’ora e mezzo di ritardo sulle previsioni di programma.

Venivano tutti da me

Ed è partito dall’inizio. Come ha sottolineato il suo difensore, l’avvocato Tiberio Massironi, «I giudici non sanno chi sia e non sanno nulla della vicenda». Serve quindi un inquadramento generale sull’uomo e il suo ruolo politico in provincia di Varese dagli anni ’80 ad oggi. Di fatto, nonostante le vicissitudini giudiziarie iniziate nel 2005, Caianiello, anche dopo il commissariamento, una prima condanna (definitiva) a 3 anni per concussione, ha sempre continuato a «sedere ai tavoli della politica. Venivano da me per la mia esperienza nei settore dei servizi pubblici maturata quando sono stato alla guida di diverse partecipate». Marcello Pedroni (a sua volta arrestato nel maggio 2019) alla guida di Prealpi Servizi? «Lo proposi io. Anche lui aveva molta esperienza come amministratore». La fondazione dell’associazione culturale Agorà (associazione parallela al partito con la finalità di coinvolgere anche la società civile nella rete politica del territorio)? «Fu una mia idea». I referenti di Forza Italia su Busto Arsizio e Gallarate all’epoca Carmine Gorrasi e Alberto Bilardo (anche loro arrestati tre anni fa) gli chiedevano consiglio.

Trent’anni di potere

Sono 30 anni di potere in provincia di Varese quelli che oggi Caianiello ha iniziato a raccontare. Lui di fatto suggeriva i nomi per candidature e giunte, gestiva campagne elettorali, indicava chi era meglio nominare nei Cda della partecipate e poi suggeriva, talvolta, ai nominati a quali professionisti era meglio appoggiarsi per gli incarichi. Una delle accuse contestate al mullah era quella di pretendere il versamento della “decima”, ovvero la restituzione del 10% del valore dell’incarico, da parte dei professionisti in questione. Su candidature e nomine Caianiello ha detto di interfacciarsi sia con esponenti del centrodestra che con esponenti del centrosinistra.

Coordinatore occulto

«Ero impegnatissimo – ha spiegato Caianiello – lavoravo h 24 per il partito, per la politica. Venivano tutti da me per la risoluzione di qualunque problema». Anche dopo il famoso commissariamento arrivato quando nel 2005 Caianiello fu indagato per una mazzetta al fine di “agevolare” la costruzione di un supermercato a Gallarate (la condanna definitiva a 3 anni), Caianiello rimase un punto di riferimento. «Il partito non era solidale con gli indagati. Mandarono un commissario – ha spiegato – Durò un paio d’anni. Fu il territorio a ribellarsi e a chiedere a gran voce che io riprendessi il mio ruolo politico. Furono Luca Marsico (ex consigliere regionale) e Nicola Mucci (ex sindaco di Gallarate) in particolare ad organizzare degli incontri dove alla fine si chiedeva sempre che io tornassi nel mio ruolo». Un ruolo di “coordinatore occulto“, così lo ha definito oggi la Pm Silvia Bonardi durante l’interrogatorio, che avrebbe mantenuto sino agli ultimi scampoli di libertà.

Lobbying e Legge Severino

Lo stesso pubblico ministero ha poi chiesto a Caianiello quali occupazioni abbia svolto al di fuori del ruolo politico. Lasciata all’ex moglie e al figlio la ricevitoria del Lotto che ha gestito sino al 2002/2003 «fui dipendente pubblico del ministero delle Finanze sino a quando tutto non passò ai Monopoli di Stato», fu così assorbito dal suo ruolo di amministratore pubblico da non poter fare altro. Sino al 2011 «quando la legge Severino mi impedì, di fatto, di poter continuare a lavorare». Il ruolo di “coordinatore occulto” va avanti e solo, negli «ultimi scampoli di libertà mi sono occupato di consulenze per società private (ad esempio Trenord, che ha però quasi immediatamente interrotto il rapporto). Sempre nell’ambito della gestione dei servizi pubblici. Anche l’onorevole Gian Franco Librandi mi volle perché in cerca di contatti in provincia di Varese per la sua società Skylab». Il pubblico ministero ha sintetizzato il tutto in due parole: attività di lobbying. Collaborazioni in ogni caso durate pochissimo. Il 19 settembre si torna in aula. L’accusa ha già anticipato l’oggetto dell’interrogatorio: «Agorà e i suoi conti: chi li pagava?».

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