L’avvocato di Gallarate: «Denunciai la ‘tangente al quadrato’ e mi querelarono»

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GALLARATE – «Un anno prima degli arresti, un anno prima che Mensa dei poveri esplodesse, io avvisai la politica e la città di Gallarate. Avvertii di monitorare con estrema attenzione sul destino che l’area di via Mazzini avrebbe avuto all’interno della variante al Pgt poi puntualmente approvata». L’avvocato Pietro Romano racconta l’intera vicenda. Lo aveva già fatto in un video pubblicato il 26 giugno 2018 (davvero un anno prima degli arresti arrivati il 7 maggio dell’anno successivo) sulla pagina Facebook di Lega Civica Gallarate (dove è possibile trovare la versione integrale dell’intervento del legale) durante il quale, in 3 minuti e 40 secondi citava l’ormai celebre frase «Ci siamo intesi», pronunciata dall’allora assessore all’urbanistica Alessandro Petrone (arrestato il 7 maggio 2019) lasciando sottintendere chi avesse voluto quella nomina, Nino Caianiello, ex Ras di Forza Italia (arrestato il 7 maggio 2019) e citando l’ area di via Mazzini invitando anche la procura a vigilare.

Sono decisamente sereno

«All’epoca Petrone e Caianiello ebbero il coraggio di querelarmi – spiega Romano – Querela per la quale il pubblico ministero di Busto Arsizio Rossella Incardona chiese l’archiviazione ritenendo infondate le rimostranze dei due che, nell’aprile 2019, pochi giorni prima di essere arrestati, fecero opposizione alla richiesta di archiviazione». Il 9 giugno, martedì prossimo, il Gip di Busto Piera Bossi deciderà il da farsi. «Sono decisamente molto sereno», commenta Romano. Che qualche considerazione da fare ce l’ha in particolare sulla vicenda cuore di quell’intervento video di due anni fa. Perché l’area di via Mazzini, così come lui aveva puntualmente ipotizzato è finita ampiamente al centro dell’inchiesta Mensa dei poveri. E’ l’area sulla quale venne pagata, secondo i pm milanesi, la tangente al quadrato, come la definì il pubblico ministero Luigi Furno il quale spiegò in conferenza stampa che il costruttore gallaratese Leonida Paggiaro (oggi deceduto ma all’epoca coinvolto nell’indagine) avrebbe barattato con Nino Caianiello, ex plenipotenziario di Forza Italia in provincia di Varese, «il risarcimento del danno riconosciuto dalla Cassazione, pari a 125mila euro più 36mila di spese legali, in cambio dell’ottenimento di un cambio di destinazione d’uso per la realizzazione di un centro commerciale» in via Mazzini appunto.

Avvisai tutti

«Avvisai tutti – spiega Romano – E la prova è contenuta, oltre che nell’ordinanza eseguita il 7 maggio 2019, anche nella querela sporta contro di me da Caianiello un anno prima di essere arrestato. Scrive infatti il querelante Caianiello: “Nel mentre apprendevo che l’avvocato Pietro Romano aveva incontrato il sindaco di Gallarate Andrea Cassani per parlare con lo stesso. Il signor sindaco aveva poi riferito ad alcuni assessori tra cui Moreno Carù e Alessandro Petrone e al coordinatore cittadino di Forza Italia Alberto Bilardo che il Romano gli avrebbe fatto capire che c’era un accordo con il Paggiaro per ottenere favori sulla sua proprietà di via Mazzini“. Questo scriveva Caianiello nel luglio 2018 accusandomi di averlo diffamato con quelle affermazioni. Che io, un mese dopo, ripetei in procura denunciando tutto alla magistratura, così come ben chiaro nell’ordinanza di Mensa dei poveri».

Già due anni fa, racconta oggi Romano alla vigilia dell’udienza per diffamazione –  venne dunque svelato il destino dell’area di via Mazzini. «Le conseguenze le abbiamo viste – sottolinea l’avvocato – E martedì vedremo davanti al gip se io ho diffamato qualcuno oppure no. Oggi nessuno può affermare di non aver mai saputo niente di quell’accordo perché io avvisai l’intera città di Gallarate di quello che stava accadendo». Il Pgt fu votato dalla maggioranza compatta e persino da una parte dell’opposizione.

Il pm Furno: «Caianiello gestiva un sistema feudale. A lui veniva pagata la decima».

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