Capire la Russia (e Putin) tra l’invasione dell’Ucraina e Navalny

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Vladimir Vladimirovič Putin

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, a qualche giorno di distanza dalla morte di Navalny si può forse ripensare alla situazione russa con occhi un po’ più aperti ed un animo meno angustiato dagli avvenimenti. L’occasione mi è parsa propizia poiché il 24 febbraio è il secondo anniversario dell’invasione dell’Ucraina ed anche poiché molti commentatori si sono scatenati a considerare il presente europeo e a predire il futuro della Russia di Putin. Inoltre l’occasione è divenuta ancor più intrigante quando ho letto un articolo molto interessante di Giordano Bruno Guerri, presidente e direttore generale della Fondazione Vittoriale degli Italiani, una casa museale ricca di molteplici opere d’arte e di importanti documenti della nostra storia in un ambiente tra i più affascinanti d’Italia che molti dovrebbero conoscere a Gardone Riviera, sul bellissimo lago di Garda.

Voi sapete bene che la Russia è vasta, vastissima, immensa. Si estende per oltre 17 mln di chilometri quadrati e copre undici fusi orari. È il paese più grande del mondo. Non solo foreste, laghi e fiumi ma anche tundra gelata, steppa, e taiga innevata per molti mesi all’anno. A ovest degli Urali c’è la Russia europea ma a est c’è la Siberia che si estende fino al Mare di Bering e all’Oceano Pacifico che, a quell’altezza, è per la maggior parte del tempo ghiacciato. Proprio per questo vastità inospitale, questo paese enorme non ha mai interessato nessuno, ma proprio nessuno. Come dice Guerri, le tribù più bellicose di Attila e di Gengis Khan non avevano alcun interesse per quelle pianure desolate dal clima gelido ma puntavano decisamente verso lidi più temperati, verso “le città dell’oro come Roma dove speravano di trovare donne bionde dalla pelle bianca e fiumi e mari che non ghiacciavano mai.”

Così la Russia rimase esclusa, isolata, lontana sia dalle civiltà mesopotamiche, quelle dei sumeri, degli assiri e dei babilonesi, sia da quelle che si andavano affacciando sul Mar Mediterraneo come la greca, la romana e la bizantina. La Russia nasce da insediamenti scandinavi in quella che è oggi l’Ucraina (strano destino, vero?) e proprio Kiev era la loro capitale. Mosca fu fondata solo nel 1147 e rimase per molto tempo sotto il controllo dei mongoli da cui si liberò definitivamente nel 1480. Se ci pensate in quel momento in Europa dilagava l’Umanesimo, stava arrivando il Rinascimento, nel 1455 Gutenberg aveva scoperto la stampa e di lì a poco Colombo avrebbe dato al mondo l’America.

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Ivanoe Pellerin

Nel 1492 Ivan III Vasil’evic fu il fondatore dell’impero russo; il nipote, Ivan IV detto il Terribile, soffocò nel sangue la rivolta della nobiltà terriera, ingrandì il regno e si spinse verso la Siberia. Nel 1613 arrivò la dinastia dei Romanov che regnerà per tre secoli. In ogni caso Pietro I, detto “il Grande”, non fu meno terribile e meno crudele dei predecessori arrivando a uccidere il proprio figlio per ragioni di potere. Dopo aver fatto bonificare le paludi da migliaia di contadini, costruì San Pietroburgo, la nuova capitale. Sulla scena russa arrivò poi Caterina II, la prima sovrana della storia definita “Grande” (le femministe sono servite), moglie di Pietro III che destituì con un colpo di stato e fece uccidere. L’Imperatrice allargò l’impero fino alla Polonia, alla Persia, all’impero Ottomano. I Romanov si espansero in Asia, in Turkmenistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Turkestan, Tagikistan ed anche in Manciuria; furono fermati dalla rivoluzione bolscevica.

E così la Russia fu sempre governata da monarchie assolute e certamente poco illuminate, da dittature violente e oppressive, da regimi ciechi e dispotici; non conobbe mai nessuna forma di monarchia costituzionale e ovviamente nessuna vaga forma di liberalismo non solo politico ma anche sociale, nessuna forma di democrazia. Forse ricordate che nell’agosto 1991, in una condizione di confusione e catastrofica situazione economica, i comunisti conservatori azzardarono l’estremo tentativo di un colpo di Stato, che fallì per la resistenza guidata fermamente da Eltsin (lo ricordate sul carro armato mentre arringa la folla contro i sedicenti rivoluzionari), e per il rifiuto di Gorbačëv – tenuto prigioniero nella sua dacia – di aderire alle richieste dei golpisti. Nel 1996 Boris Eltsin venne riconfermato presidente, in un paese in cui l’economia faticava a riprendersi, la povertà era sempre più diffusa, dove scoppiavano molti focolai di guerra, come in Cecenia, e la malavita organizzata aumentava. Il 31 dicembre 1999 Boris Eltsin si dimise da presidente russo, indicando Vladimir Putin come suo successore. Già tenente colonnello del Kgb, poi vicesindaco della città di San Pietroburgo, Putin divenne direttore dell’Fsb, l’agenzia che sostituì il Kgb. Putin rappresenta la cultura politica (e militare) dalla quale proviene, l’ambizione che da sempre ha caratterizzato i governi dell’impero, l’ingordigia di potere che si tramanda da Pietro il Grande, da Caterina II e da Stalin, non meno sanguinario dei precedenti.

Ricordo il celebre commento di Churchill (politico che come sapete io amo molto) sulla Russia, pronunciato nel 1939: “È un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma. Ma forse c’è una chiave: è l’interesse nazionale russo.” E pochi anni dopo affermò: “Sono convinto che non vi sia nulla che i russi ammirano di più della forza, che non vi sia nulla che rispettano di meno della debolezza, specie quella militare.”

Cari amici vicini e lontani, se non tenete conto di quanto vi ho ricordato, non credo si possa comprendere nulla intorno alla figura di Putin, né della guerra in Ucraina né della tristissima vicenda di Novalny, anch’egli russo.

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