La denuncia di una studentessa di Casorate: «Molestata alla stazione Fs»

CASORATE SEMPIONE – «Stavo per inforcare le scale del sottopassaggio, quando un signore mi ha fermata per chiedermi se avessi della moneta per un caffè». Comincia così la testimonianza di Carlotta Lunardi, giovane studentessa di Casorate Sempione. Un episodio che, per quanto breve, ha lasciato un segno. Sì, perché la stazione ferroviaria, nello stato in cui versa oggi, non la fa più stare tranquilla. Da una parte, le insistenze di una persona con «vestiti usurati, barba e capelli incolti» che «voleva vedere nella mia borsa, facendo cenno con le mani. Si è avvicinato a me e ha cercato di afferrarmi per il trench». Dall’altra, l’indifferenza dei presenti di fronte a una velata richiesta di sostegno. Il tutto in uno spazio non curato, tra i rifiuti. Insomma: un’esperienza che preferirebbe dimenticare. La stazione, da anni, ha delle sale che potrebbero ospitare attività di vario genere e il Comune, in base all’accordo di comodato con Rfi, ha responsabilità dirette sulla gestione e sulla manutenzione degli spazi.
La sala studio per gli studenti universitari? Ipotesi naufragata. Non si sa più nulla nemmeno dell’ultima idea, una ciclo-officina: il garage si sarebbe sviluppato al piano terra. Al primo piano, invece, si trova la sede della Prociv. Ipotesi che potrebbero rilanciare un posto che oggi è diventato oggetto di denuncia. «Non ho più preso un treno a Casorate: non sentirsi al sicuro nella propria città non è piacevole, il fatto che “dormire in una stazione non costituisce reato” mi fa arrabbiare e al contempo mi amareggia».

La testimonianza

Qui, il testo integrale di Carlotta Lunardi. La sua esperienza:

Mi chiamo Carlotta Lunardi, ho vent’anni e vivo a Casorate Sempione. Ho letto il suo articolo riguardo il degrado della stazione ferroviaria, l’ho trovato molto interessante. A proposito di ciò, vorrei condividere un’esperienza che in prima persona ho vissuto con il famigerato inquilino.
Studio alla facoltà di lettere moderne a Milano. Un giorno vorrei diventare giornalista, ma per ora mi limito a osservare attentamente la realtà del mio paesino di provincia. Una mattina stavo recandomi in stazione a Casorate, circa verso le 11.15, per prendere il treno che mi avrebbe portata a sostenere un esame in Università a Milano. Mi sono affacciata dalla porta -con il vetro rigorosamente rotto- per controllare che il mio treno fosse in orario; non era la prima volta che vedevo sacchi e rifiuti per terra all’interno della stazione, così non me ne sono curata più di tanto. Successivamente, stavo per inforcare le scale del sottopassaggio quando un signore mi ha fermata per chiedermi se avessi della moneta per un caffè. I suoi vestiti erano usurati, barba e capelli incolti, degli occhi color del ghiaccio e un accento slavo. Essendo io una persona, una donna, cresciuta con le costanti paure di dover camminare per strada da sola, senza l’ausilio di un uomo che possa eventualmente allontanare dei malintenzionati, ho capito subito che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Gentilmente gli ho risposto di no, che purtroppo avevo solamente la carta di credito, ma che se fosse andato verso la zona del paese, sicuramente qualcuno al bar gli avrebbe offerto un caffè. Con qualche parola poco comprensibile, mi ha detto che lui poteva prendere una somma dalla carta, sarebbe bastato che gliela dessi. Sostanzialmente mi ha detto che in quelle tasche, da qualche parte, c’era un fantomatico POS. Lì per lì ho immaginato che lui mi vedesse come un bersaglio facile, così ho iniziato ad allontanarmi lentamente, un po’ impaurita. Dall’altra parte del binario erano presenti all’incirca tre persone, che forse per distrazione o forse per abitudine, non sono intervenute, nonostante io fossi evidentemente poco tranquilla. L’uomo insisteva, dicendo che voleva vedere nella mia borsa, facendo cenno con le mani. Si è avvicinato a me e ha cercato di afferrarmi per il trench. Io, visibilmente spaventata, ho iniziato a percorrere la strada del sottopasso a passo svelto. Voltandomi, ho visto una ragazza che stava entrando in stazione e ho cercato di avvisarla della presenza di questa persona da lontano. Poco dopo ho visto l’uomo affacciarsi all’esterno della stazione, ha incrociato per un secondo lo sguardo con il mio e ho iniziato a correre verso la strada. Mi mancava il fiato, un po’ per lo spavento e un po’ perché non sono molto brava nella corsa; ho chiamato mio padre, il quale è venuto in men che non si dica a prendermi in macchina. Da quel giorno, non ho più preso un treno a Casorate, perché, nonostante la necessità, sono impaurita all’idea di incontrarlo di nuovo. Io non voglio ergere false accuse, ma in quel momento io non potevo sapere se quella persona potesse farmi del male o se avesse qualcosa con sé di pericoloso. Non lo so tutt’ora, in realtà. So solamente che non sentirsi al sicuro nella propria città non è piacevole, il fatto che “dormire in una stazione non costituisce reato” mi fa arrabbiare e al contempo mi amareggia. Perché qui non si tratta di dormire in una stazione, si tratta di senso civile e sicurezza pubblica.

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