Covid, “andrà tutto bene”. Forse un’altra volta

covid commemorazione inchiesta

In questi giorni abbiamo commemorato le vittime del Covid, decine di migliaia di persone a cui il virus, che ci ha colti impreparati, ha tolto la vita. Nel contempo abbiamo rinnovato la gratitudine agli operatori sanitari in prima linea contro la pandemia, all’inizio, giusto tre anni fa, indifesi contro un nemico del quale si sapeva poco o niente. Eroi, li abbiamo definiti per il loro rischiosissimo e commendevole impegno nel curare gli ammalati aggrediti dal subdolo e pericoloso coronavirus e per l’alto prezzo che molti di loro hanno pagato. Tra l’altro, una battaglia combattuta mentre molti di noi cercavano di esorcizzare la paura con improbabili e ingenui auspici sui balconi del tipo “andrà tutto bene”.

E’ un nostro preciso dovere ricordare e, appunto, ringraziare. C’è però da chiedersi – e la domanda è tutt’altro che scontata – che cosa abbiamo imparato dallo tsunami che ci è capito addosso e che ancora non è completamente sconfitto, nonostante notizie ora confortanti. Già, che cosa? “Andrà tutto bene”, però la prossima volta, se, malauguratamente, ci sarà una prossima volta. E se saremo capaci di cogliere la lezione degli ultimi anni, analizzando gli errori e gli interventi di un sistema sanitario nazionale e lombardo che, al dì là dei miracoli fatti negli ospedali e non solo, ha denunciato limiti e carenze durante l’emergenza. Con particolare evidenza per quanto riguarda l’organizzazione territoriale. Un vulnus che non è ancora stato risolto. Proprio nella nostra regione si cerca di affrontarlo, potenziando la sanità, attraverso le Case di comunità e gli ospedali di prossimità. Strutture che, sulla carta, dovrebbero migliorare complessivamente l’assistenza ma che, per il momento e in molti casi, offrono soltanto le mura e non gli operatori. I dati parlano invece di un depotenziamento numerico del personale medico e paramedico, addirittura sono meno di tre anni fa, nei primi giorni della pandemia. Risultato? La rete della medicina generale è più debole, così lo sono i pronto soccorso e numerosi servizi di cura. Per averne contezza è sufficiente soffermarsi sui nosocomi di Busto Arsizio e Gallarate, caratterizzati da una vera e propria fuga degli operatori sanitari e da dismissioni che purtroppo sotto gli occhi di tutti.

Nel frattempo, la magistratura ha indagato sulle presunte inadempienze delle autorità sanitarie e regionali all’esordio del Covid. Ci fu sottovalutazione del problema? Lo dirà l’inchiesta. Di sicuro le indeterminatezze, se di queste si può parlare, vanno ricercate nella complessità di una situazione inedita, drammatica e sino a quel momento inesplorata. Si è cercato di evitare il panico anche con decisioni discutibili, come il nascondere i primi contagiati (Malpensa24 incorse nelle ire dell’allora assessore al Welfare, Giulio Gallera, per aver pubblicato la notizia del primo paziente Covid in provincia di Varese), per poi essere costretti ad ammettere. Furono momenti di assoluta confusione. E di grande preoccupazione. Quale sarà lo sbocco giudiziario? Si vedrà. Per ora resta la consapevolezza di essere obbligati a ripartire dalla memoria, per tutte le ragioni che essa richiama. Compresa la necessaria autocritica sugli errori commessi. Perché non è vero, considerate le attenuanti del caso, che sia “andato tutto bene”. E se qualcuno mai lo pensasse sarebbe in spregio a chi non c’è più.

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