Da Busto no alla mafia. Il sindaco: «Siamo circondati». Brugnone: «Peggio, infiltrati»

BUSTO ARSIZIO – «Avrei voluto dire che è solo apparentemente un tema lontano dalla realtà quotidiana di tutti noi, poi apro i giornali e vedo che hanno fatto una retata qua tutto intorno a noi, con arresti per mafia. Siamo circondati anche qui al nord dalla mafia». Sono le parole del sindaco Emanuele Antonelli nell’introduzione al convegno “Da illegale a bene sociale” sul riutilizzo dei beni confiscati alle mafie, questa mattina ai Molini Marzoli. Parole a cui ha risposto, a distanza, l’ex consigliere comunale Massimo Brugnone, che fa parte dell’associazione di Gherardo Colombo “Sulleregole”: «Circondati? In realtà siamo infiltrati. Le parole sono importanti. Le relazioni della DIA, la direzione investigativa antimafia, citano Busto Arsizio oggi come 13 anni fa, quando iniziai ad impegnarmi nell’associazionismo contro le mafie».

Il dibattito ai Molini Marzoli

Un botta e risposta a distanza che richiama ai tempi dei battibecchi in sala esagonale di qualche anno fa. Di certo per entrambi la mafia è qui tra di noi. Ed è proprio per questo che il liceo Crespi, come capofila provinciale del Centro di promozione della legalità degli istituti superiori, ha organizzato il convegno dedicato al tema del riutilizzo dei beni confiscati, che è stato il pretesto per tornare a parlare di sensibilizzazione sulla lotta alla criminalità organizzata. Tanto che alla fine dell’intenso dibattito di fronte agli studenti la preside del “Crespi” Cristina Boracchi ha sollecitato a «ricreare il collettivo degli istituti cittadini» che in passato aveva portato alla realizzazione della marcia per la legalità (Legalitàlia) in centro a Busto.

La sfida dei beni confiscati

Sul tema del recupero dei beni confiscati il sindaco Antonelli sostiene che «è una legge bellissima, fondamentale per combattere la criminalità, e ancor più fondamentale è riuscire a destinare alla socialità questi beni, ai Comuni e alle associazioni, per dare un segnale che là dove vigeva l’illegalità ora si riutilizzano per qualcosa di buono». Ma dopo la spiegazione tecnica di Roberto Bellasio, di ANBSC, Agenzia nazionale per l’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, sulla complessità delle norme sul tema, è Antonella Buonopane di Libera Varese, l’associazione che si ispira a don Luigi Ciotti, a rimarcare che «passa troppo tempo tra il sequestro e il rientro in possesso da parte dello Stato». A Busto l’esempio è l’ex pizzeria della mafia di via Quintino Sella, da anni in attesa di definitiva destinazione: ora finalmente dopo aver vinto un bando di Regione Lombardia potrà essere riconvertita ad alloggi sociali.

«Circondati? No, infiltrati»

«Il sindaco ha detto che siamo circondati dalla mafia, in realtà a Busto siamo infiltrati dalla mafia. Utilizzare le giuste parole è importante» afferma Massimo Brugnone, ex consigliere comunale a Busto (prima per il PD poi per Italia Viva) e già attivista antimafia, intervenuto in rappresentanza dell’associazione “Sulleregole” fondata dal magistrato Gherardo Colombo. «Più che di antimafia, dovremmo iniziare a parlare di educazione alla “non mafia”. Partendo dai “metodi mafiosi” definiti dall’articolo 416 bis del Codice penale, che nel nostro piccolo operiamo ogni volta che utilizziamo il nostro potere per assoggettare e/o trarre vantaggio per sé o per gli altri». Anche perché, aggiunge l’ex portavoce di Ammazzateci Tutti a Busto, la criminalità è in mezzo a tutti noi: «Ho iniziato a interessarmi di questo tema nel 2007, quando Aldo Pecora venne a Busto Arsizio nella mia scuola per dirci che le mafie non sono solo al sud ma anche al nord – rivela Massimo Brugnone – seguii il suo suggerimento e andai a cercare la relazione della Dia, la Direzione Investigativa Antimafia, che parlava della mafia gelese a Busto Arsizio, di nostri commercianti costretti a pagare il pizzo. A 13 anni di distanza, le relazioni della Dia del 2020 parlano di estorsioni ai danni di un imprenditori di San Giuliano Milanese da parte di un sodalizio con due componenti originari di Gela ma residenti a Busto Arsizio e citano Busto a proposito dell’inchiesta Krimisa sulla locale della ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo. Ancora gli stessi nomi e soggetti contigui, che continuano ad operare su questo territorio».

Ci vorrebbe una commissione

A ricordare l’impegno antimafia degli scorsi anni a Busto c’era anche l’ex presidente della commissione antimafia cittadina Davide Borsani: «Fu un’iniziativa spinta dall’attivismo, perché rispetto allo scetticismo e ai pregiudizi iniziali le inchieste degli anni dal 2009 in poi, a partire da Tagli Pregiati e Bad Boys, hanno fatto luce sul fenomeno radicato anche qui da noi, con Cosa Nostra attiva a Busto Arsizio e la ‘ndrangheta nei dintorni, soprattutto tra Lonate Pozzolo e Legnano. Anni intensissimi, di iniziative, eventi e sensibilizzazione, purtroppo poi l’organismo è cessato». E per Antonella Buonopane è stato un errore “chiudere” la commissione antimafia di Busto Arsizio: «Tanta fatica per istituirla, poi siccome era legata alla figura del sindaco (allora era Gigi Farioli, ndr) ha cessato di esistere. Dovrebbe essere legata all’istituzione, per dare continuità a questa mobilitazione».

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