Delpini consacra la chiesa del Redentore a Busto: «Costruzione di persone e di comunità»

BUSTO ARSIZIO – Una chiesa del Redentore gremita ha accolto l’Arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini per la Santa Messa di consacrazione del santuario della parrocchia di via Guido d’Arezzo, che celebra quest’anno i 50 anni dalla fondazione. «La chiesa che dedichiamo – le parole del capo della Diocesi ambrosiana – è il segno di una costruzione ben ordinata non di muri e opere d’arte ma di persone, è il tempio santo del Signore. È il luogo dove si impara l’arte di fare comunità, dove si trasforma la convivenza in fraternità».

La Messa

Una lunga celebrazione, durata due ore, che ha seguito tutti i passaggi rituali per la consacrazione della chiesa, dalla benedizione con l’olio santo delle dodici croci alle pareti che indicano le colonne portanti dell’edificio fino all’incensazione dell’altare. Monsignor Delpini ha concelebrato la Messa con il parroco don Gaudenzio Santambrogio e con gli altri sacerdoti del decanato di Busto, guidati da monsignor Severino Pagani. In prima fila c’erano il sindaco Emanuele Antonelli, la vicesindaco Manuela Maffioli e l’assessore Maurizio Artusa, in rappresentanza dell’amministrazione comunale.

L’omelia

Nell’omelia, l’Arcivescovo originario di Jerago con Orago ha posto l’accento sul tema dell’«arte di vivere, di far festa e l’arte di fare comunità». Di fronte alle «comunità tentate di vivere le feste come manifestazioni esteriori, anche grandiose, ma con un sottofondo di invincibile tristezza e malumore diffuso», la risposta è la Chiesa, dove «è possibile incontrare Dio e attingere alla sua gioia. Non bastano intraprendenza e buone intenzioni. La gioia è dentro il cuore, invita a condividere il bene con tutti». E rispetto alla «difficoltà nel fare comunità», dato che «siamo diversi, abbiamo interessi disparati, ci sentiamo stranieri a casa nostra, dai genitori che fanno fatica a parlare con i figli irrequieti, ribelli o indifferenti, ai nipoti che fanno fatica a parlare con i nonni, testimoni epoca lontana, fino alle nostre città e alla nostra società forse destinata a diventare un arcipelago di isole che non comunicano tra di loro, con la tentazione a chiudersi nella cerchia di quelli con cui si va d’accordo, temendo che entrino persone ostile e minacciosi. Stranieri gli uni agli altri, ospiti sopportati invece che fratelli e sorelle», ecco che don Mario Delpini contrappone la chiesa, come «la casa in cui non ci sentiamo stranieri né ospiti, concittadini dei santi e familiari di Dio». Per concludere sostenendo che «è qui che si impara l’arte di costruire una comunità» e che «la Chiesa che dedichiamo è segno di una comunità che vuole custodire la testimonianza di una tradizione cristiana e accogliere l’invito alla conversione, non cercando di assimilare Gesù alle nostre aspettative ma piuttosto conformandosi a Gesù».

La lapide commemorativa

E al termine della celebrazione, prima della scopertura della lapide commemorativa sulla parete a fianco del portone della chiesa, dall’Arcivescovo arriva un ringraziamento ai parrocchiani di Madonna Regina – con cui il Redentore “condivide” il parroco e la “pastorale d’insieme” – per la loro presenza, che suona come un invito a cementare le relazioni tra le diverse parrocchie che formano le unità pastorali.

busto arsizio redentore delpini – MALPENSA24