Europee: candidati varesini, colpi bassi e budget a cinque zeri

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Tabelloni elettorali, chi li usa più?

Mancano meno di due settimane all’apertura dei seggi elettorali per le Europee e le Amministrative. E sale la tensione. Cresce soprattutto tra i candidati varesini o contigui alla nostra provincia per Bruxelles. Ma è normale, ci sarebbe da stupirsi del contrario. Per loro la partita è apertissima quanto mai incerta. Per questo si danno un gran daffare alla ricerca del consenso proprio qui, nel territorio di riferimento che, a rigor di logica, dovrebbe garantire loro il maggior numero di voti.

Come noto, il collegio del Nord Ovest è così vasto che è difficile far passare il “verbo” propagandistico fin su nelle valli piemontesi o della Valle d’Aosta e nei centri più remoti della Liguria. Così si concentra la campagna elettorale innanzitutto nei paesi e nelle città dove la militanza politica ha già reso in notorietà, dove si è conosciuti e gli elettori hanno maggior agio nello scrivere sulla scheda il nome del prescelto. Un’intensa attività a suon di cene, incontri allargati o ristretti con gruppi di potenziali elettori e quant’altri potrebbero considerare di esprimere una preferenza mirata. Un lavorio che, con le urne oramai alle viste, non consente pause.

E nemmeno impedisce colpi bassi. Girano infatti sui social alcuni video che hanno lo scopo di colpire gli avversari, che, col sistema proporzionale, mettono tutti contro tutti, dentro gli stessi partiti e tra i partiti altrimenti alleati in Italia. Il fair play non sempre vale nella circostanza, favorisce i duelli personali e scatena la concorrenza, condita da intolleranza e rabbia. Se ne vedono e se ne sentono di tutti i colori. Più o meno apertamente, più o meno sottotraccia, non sempre all’insegna della correttezza politica.

E’ la conseguenza del modello proporzionale e delle preferenze, modello che non ritroviamo più nelle consultazioni nazionali, ma che si ripresenta in tutta la sua spinta democratica alle Europee, quando molti candidati giocano in casa, magari nella stessa città, pescano dallo stesso bacino e si “rubano” i voti. Tanto più che le indeterminatezze della vigilia, indotte anche dai sondaggi, prevedono poche promozioni e tantissime bocciature. Insomma, nessuno sembra muoversi con passo felpato, segno di sicurezza e di consapevolezza dell’esito elettorale. Anche per coloro che, in qualche modo, possono guardare con fiducia allo scrutinio della sera del 9 giugno.  Fratelli d’Italia, per esempio. Benché nessuno possa giurare che i pronostici ci azzecchino al cento per cento.

E gli altri? I conti si faranno a tutto campo, nei seggi del vasto collegio, con le percentuali dei singoli gruppi,  con i cosiddetti resti che risulteranno decisivi per successi o insuccessi personali e, naturalmente, con il bottino ottenuto da ciascun candidato. Parliamo di migliaia di voti necessari per essere eletti, anzi, decine di migliaia. Impresa non facile se non si ha a disposizione un’ampia rete a supporto, squadre che lavorano a testa bassa in ogni dove, per convincere, smentire, affermare e tenere alta la bandiera partitica. Perché alla fine, saranno numerosi gli elettori che sceglieranno in base alle loro convinzioni politiche, indipendentemente dal nome e dall’appeal personale del candidato.

Ma l’operazione di convincimento ha bisogno di un altro sostegno: quello economico. La campagna elettorale non è a costo zero, richiede denaro in gran quantità, budget a cinque zeri. Abbandonati i vecchi e anacronistici tabelloni elettorali gestiti dai Comuni, le campagne elettorali si strutturano con ben altri mezzi, più efficaci e diffusi, dai social alle adunate conviviali di massa, che richiedono di mettere mano al portafoglio. Eccome. Nessuno però può garantire che chi investe di più abbia maggior possibilità di arrivare in Europa. Qui il discorso prende altre strade, particolarmente tortuose e, vieppiù, pericolose. Appunto.

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