Ex Aermacchi, mettiamo i supermercati dentro la storia

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VARESE – La proposta avanzata circa il riuso dell’ex area Aermacchi non può essere valutata se non considerando nella sua complessità la costruzione della Città ed il significato di quella specifica area nella storia di Varese.

Premesso che Aime considera positivo il tentativo di dare risposta e soluzione ad una vera e propria emergenza urbanistica che ha caratterizzato quell’area da moltissimi anni, riteniamo utile e doverosa una più approfondita riflessione sul tema della rigenerazione urbana. Sono certamente apprezzabili gli sforzi dell’amministrazione comunale tesi a creare le condizioni ottimali per attrarre investimenti privati in grado di intervenire in ambiti da molti anni dismessi. Altrettanto positiva appare la ricerca di un dialogo stretto con i soggetti privati atto a creare sinergie.

Contiamo di non urtare la suscettibilità di alcuno affermando che l’intervento proposto, per quello che è dato conoscere, non può essere considerato “rigenerazione urbana” ma più semplicemente, e meno prosaicamente, quale demolizione dell’esistente finalizzata ad una rifunzionalizzazione, per altro con funzioni non certamente ad alto valore aggiunto.

L’area dismessa è di assoluto interesse per la sua memoria, la sua dimensione e la sua localizzazione. Rappresenta da sempre per Varese ed i varesini una sorta di landmark al lavoro e all’eccellenza pioneristica di una imprenditoria che ha fatto grande questo territorio. Vanto della storia industriale della provincia di Varese e dell’intera economia nazionale. In quell’area hanno trovato lavoro migliaia di operai, tecnici, dirigenti, impiegati che sono stati capaci di produrre, nell’arco di quasi un secolo, i migliori aerei dell’aeronautica militare italiana.

Certo, per non apparire ridicoli magnificando lo status quo, il sito rappresenta anche un serio problema per la città. Uno spazio degradato, una cesura, una interruzione del tessuto urbano residenziale che si è esteso con dubbia qualità intorno al vecchio impianto. In aggiunta, se ve ne fosse bisogno, strutture fatiscenti ed una discreta presenza di amianto che risulta necessario smaltire.

Ma cosa non convince rispetto all’ipotesi avanzata?

Non intendiamo esprimere giudizi di merito rispetto a quanto proposto, che riteniamo per altro atto coraggioso nell’attuale contesto socioeconomico, ma porre l’attenzione su alcune questioni metodologiche e una riflessione di fondo sul rapporto fra storia, funzioni insediabili e bisogni della città.

Così come da più parti affermato la proposta pare non muovere da una attenta ed esauriente analisi di carattere storico, geografico e sociologico. Manca altresì dell’elaborazione di un “Piano dei Bisogni” che individui vocazioni ed emergenze di un comparto così importante per la storia della Città.

Prendiamo spunto dalla riflessione della Presidente dell’Ordine degli Architetti Elena Brusa Pasquè che, con forza qualche giorno addietro, è intervenuta sull’argomento affermando che “la rigenerazione non può prescindere dalla storia dei luoghi” ed ancora “Mettiamo i centri commerciali accanto o dentro la storia, pieghiamo il commercio alla cultura e non viceversa”.

La rigenerazione urbana è un “processo” complesso che non può essere limitato ad un “demolisco e sostituisco”. Si sostanzia in un approccio multi-partecipato finalizzato a conferire alle città non solo un aspetto nuovo o competitivo ma dando loro un nuovo respiro dal punto di vista culturale, economico e sociale.
Per affrontare correttamente un intervento di rigenerazione urbana è importante consultarsi non solo con gli enti locali ma anche con gli utenti delle aree soggette a rigenerazione e agli operatori che su quelle aree gravitano per vari motivi. Il coinvolgimento degli abitanti e di altri soggetti pubblici e privati interessati non deve risultare una finalità ma il mezzo attraverso il quale raggiungere l’obbiettivo.

Da ultimo le riflessioni in tema di funzioni. Siamo certi che un supermercato risulti essere l’unica possibilità di rigenerazione? Siamo così sicuri che il “Piano dei Bisogni” sopra richiamato metta al primo posto un ulteriore tassello verso una città dei consumi?

AIME, muovendo da queste riflessioni e quale soggetto associativo portatore di interessi imprenditoriali diffusi, sarebbe ben lieta di poter contribuire con spunti, proposte e sollecitazioni alla costruzione di una Varese migliore, alla definizione di un processo di rigenerazione urbana che guardi non solo all’interno di un comparto ma che si estenda agli effetti indotti sulla città.

Per dette ragioni AIME auspica l’avvio di un processo partecipativo che coinvolga i cittadini, le associazioni, i Professionisti ed anche le Università e tutto il mondo della cultura.

Un processo che renda evidente la necessità di riconoscersi in un luogo dove coltivare relazioni e dove crescere. Un luogo dell’incontro con “un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.

Per queste ragioni abbiamo organizzato per il giorno giovedì 3 dicembre alle 17 un forum pubblico al quale invitiamo gli Amministratori Comunali, i Professionisti, i rappresentanti delle associazioni datorili e sindacali, della Camera di Commercio e della Università e tutti i cittadini a partecipare.

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